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S.

non si giudica un libro dalla copertina


"L'aria era irrespirabile. Sotto il sole bruciante era diventata più spessa,

e odorava di sale e catrame,

e l'acqua azzurra del golfo aveva preso una sfumatura brunita e sudicia."


La felicità di tornare nel cuore del Mississippi.

Tornare nella terra inospitale e polverosa, "bruciata dal sole", al sudore, al profumo dei panini al mais, sulle rive del Bayou. Un luogo che, dopo aver letto "Salvare le ossa" e "Canta, spirito, canta", mi è familiare e a cui torno con entusiasmo.

Parlo di Jesmyn Ward, del primo romanzo della trilogia di Bois Sauvage, ultimo in ordine cronologico a uscire in Italia, "La linea del sangue" (NNEditore).

L'unico timore era quello di trovare una scrittura acerba come spesso ritroviamo nelle prime opere di autori/autrici che hanno poi trovato notorietà con romanzi successivi.

Anche in questo caso la Ward, che ha vinto il National Book Award con entrambi i romanzi scritti successivamente, si ritrova in questa categoria ma a differenza di altri casi non ho assolutamente trovato differenze con i successi che poi sono arrivati.

Ho ritrovato una scrittura delicata e matura che rispecchia immagini nitide e perfette fotografie dei luoghi sopra menzionati. Un vero talento, a quanto pare già dagli esordi.

Come detto, quindi, ci troviamo anche in questo romanzo, a Bois Sauvage, provincia povera e degradata, alle prese anche questa volta con una famiglia disfunzionale.

Si tratta dei giovani gemelli Joshua e Christophe DeLisle, cresciuti con la nonna cieca, Ma-mee. La madre se ne è andata a cercare lavoro ad Atlanta e ogni tanto si presenta con qualche regalo e il padre Sandman, assente da sempre e tossicodipendente.

I ragazzi crescono comunque nell'amore della nonna, che arriva a farli diplomare e che li ha comunque resi responsabili ed educati.

Il problema ora è trovare lavoro in una zona degli Stati Uniti dove, soprattutto per i ragazzi neri, non sembrano esserci molte alternative allo spaccio e ai quali non resta che la speranza per un futuro migliore, per un riscatto sociale che sembra ancora e sempre lontanissimo.


A differenza di "Canta, Spirito, canta" dove troviamo una scrittura prosaica e una atmosfera un po' magica e spirituale, qui il racconto è ancorato alla terra, alla cruda realtà di esistenze già segnate. Violenza, razzismo e povertà sono i temi cari all'autrice e anche in questo caso ne respiriamo il più profondo significato.

Si empatizza immediatamente con i personaggi, tratteggiati in maniera tenera e affettuosa, soprattutto nel rapporto dolce e amorevole con la nonna e si resta al loro fianco anche quando sono costretti, loro malgrado, a intraprendere strade sbagliate.

Una storia di amicizia e di fratellanza, di forte impatto emotivo (è scappata qualche lacrimuccia, lo ammetto).


Un altro bellissimo libro della Ward. Una scommessa vinta, una assoluta conferma.


«Ho sentito l'odore» disse Cristophe.

«Ma-mee dice sempre che ce l'abbiamo nel sangue, sentiamo le cose prima che arrivino, quelli di Bois Sauvage sono così».


4/5






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