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non si giudica un libro dalla copertina

  • Immagine del redattore: C.
    C.
  • 2 dic
  • Tempo di lettura: 2 min
copertina del libro nella carne

Non ho idea di quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho dedicato un post a un solo libro. Purtroppo, il tempo che dedico a scrivere delle mie letture è sempre meno, e me la cavo con poche righe per libro, in un post mensile. Stavolta, però, un po' anche per spronarmi a ricominciare — la pigrizia è un brutto vizio — ma soprattutto perché questa non è stata una lettura come tutte le altre (lo possiamo tranquillamente considerare l’outsider del mese, forse dell’anno).


Conoscevo già David Szalay: mi aveva particolarmente colpito con il precedente Turbolenza (a cui avevo giustamente dedicato un post) ed era già in odore di premio con Tutto quello che è un uomo, premio che è riuscito ad aggiudicarsi questa volta.


Ma cos'è Nella carne? È la storia della vita di Istvàn, “protagonista spettatore” di un’esistenza che un po’ gli capita e un po’ sa cogliere, ma di cui, in fondo, non è mai completamente artefice. Una vita segnata da successi e fallimenti, da cambiamenti, spostamenti e scelte che sembrano guidate più dalla carne che dalla coscienza.

Non è certo un “eroe”, è a malapena un protagonista: trascinato dalle circostanze esterne — storiche, sociali, economiche — e da spinte interiori che fatica a comprendere o governare. Un uomo senza grandi parole, che nella vita ottiene comunque tanto senza fare molto.


Istvàn è un maschio contemporaneo che incarna allo stesso tempo una forma quasi primitiva di mascolinità. Non viene mai descritto fisicamente, ma si intuisce che abbia fascino: un fascino erotico che sarà determinante nei grandi cambiamenti della sua esistenza. È di pochissime parole, non ha particolari talenti, raggiungerà il successo e lo perderà, godrà ma anche subirà la propria vita.


Nella carne è un romanzo acuto, nuovo, eccellente, e si merita il successo che sta avendo.

Leggetelo, vi piacerà.


 
 
 

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