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Thebloodyisland&P.

Parlarne tra amiche

Aggiornamento: 26 feb 2021


E' tornata a trovarci sulla nostra isoletta la nostra amica Petra, grande lettrice con la quale ci piace condividere letture e, non potendo discuterne una sera in enoteca (per ora) ci limitiamo a farlo qui.

Il libro è "Sembrava Bellezza" di Teresa Ciabatti. A parlare è una donna, una scrittrice, che dopo essersi sentita ai margini per molti anni ha finalmente conosciuto il successo.

A trent'anni di distanza la ricontatta Federica, la sua più cara amica del liceo e con lei Livia, la sorella di Federica, ragazza ai tempi bellissima e invidiata da tutte ma segnata da un incidente misterioso che torna prepotentemente nei ricordi e nella vita della scrittrice.

Un libro sulla vita di tre amiche che tre amiche, adesso, proveranno a raccontare.


P:

“Non dipende forse dall’adolescenza l’adulto che sei?”

Ho divorato la prima metà di questo romanzo in modo bulimico, non riuscivo a staccarmene, ero totalmente assorbita dal tormento, dall’angoscia e dalla storia traumatica della protagonista e del coro di personaggi che l’accompagnano; poi ho avuto bisogno di una pausa. Le parole della Ciabatti mi risuonavano e mi colpivano in maniera troppo amplificata e l’attenzione richiesta dalla lettura di questo scritto è totale, non permette distrazioni.

La trama è, in realtà, molto scarna: una donna adulta, (quasi 50 anni), con una vita relazionale alla deriva: una separazione, numerose relazioni consumate in fretta e quasi con rabbia, una figlia con la quale ha un rapporto misero e conflittuale.

La protagonista ha alle spalle una carriera brillante come scrittrice di cui ora osserva il declino ma nemmeno i successi e i riconoscimenti precedenti sono bastati a curare le sue ferite, questi, anzi, vengono citati quasi come armi di rivalsa nei confronti del passato: da adolescente emarginata e esclusa a donna di successo; ora sogna vendetta e umiliazione verso coloro che furono i suoi boia adolescenziali.

Eppure queste armi non funzionano, la rivincita non viene davvero assaporata, non apporta la soddisfazione auspicata: la protagonista, intimamente, rimane l’adolescente esclusa, fuori posto, fisicamente inadeguata.

Con gli stessi occhi si guarda oggi riflessa nello specchio, nonostante i cambiamenti, i miglioramenti ritrova la sé stessa ragazzina, perdente, menomata, sbagliata.

Si ritrova a fronteggiare la menopausa, l’ennesimo cambiamento fisico, vissuto come “perdita corporea”.

Sono proprio le emozioni, il corpo e la relazione tra essi ad essere al centro di questo romanzo così intimista che mostra chiaramente quanto sia importante che la cura del dolore personale avvenga dall’interno verso l’esterno e non viceversa.

Una lettura per niente semplice né leggera, che ho apprezzato moltissimo tranne per i richiami diretti della scrittrice al pubblico fruitore.

Ce ne fossero di scrittrici come la Ciabatti capaci di raccontaci le donne in maniera così onesta, spudorata e reale.


S:

“Facendo un esame di coscienza la mia intera vita va letta sotto la luce del desiderio di rivalsa. Ogni rapporto, dentro e fuori casa, ha preso la forma del torto da vendicare"

Quanto è brava Teresa Ciabatti! In Italia, poche come lei: una scrittrice che ti costringe ad una attenzione altissima. Non ti puoi mai distrarre un secondo con lei, perché è un livello di letteratura superiore. Tu pensi per un secondo alla spesa che devi fare e ti sei già persa, che prima eravamo nel presente e ora siamo nel passato, che prima si sentiva una adolescente fuori luogo e fuori tempo minata da complessi fisici e ora senza avvertimento ha una figlia che partecipa ad una trasmissione televisiva ed è alle prese con una menopausa anticipata. La scrittrice toscana ti sbatte in faccia (è proprio il caso di dirlo, considerando la sua penna dritta e feroce) le emozioni di una donna di 46 anni che ha avuto una adolescenza turbolenta (come noi tutte, direi) e ora si ritrova affermata dal punto professionale ma con una vita familiare disordinata: separata, con una figlia ventenne con cui non ha praticamente rapporto.

E' un romanzo impegnativo e toccante, con pochi dialoghi, tanti sbalzi temporali, parole importanti e intelligenti, sempre al posto giusto. E un'ironia perfetta, propria di chi ha fatto i conti con se stessa e lo sa scrivere molto bene.

L'età (la mia) è più o meno quella della protagonista, per cui mi ha costretta a continui riferimenti e riflessioni sul passato e sul presente, e sull'impietoso scorrere del tempo.

Pochi fronzoli, sincerità e durezza ne fanno un libro adatto ai miei gusti ma ho trovato qualche scoglio, qualche difficoltà a seguire le tracce di continui cambiamenti.


C:

"Non siamo altro che mucchi di ossa, ragazze."

Un libro apparentemente senza trama, una trama “scomposta”, frammentata che però si fa sempre più chiara e si delinea pian piano che si procede con la lettura. Ricordi che cambiano, prendono forma in linea con le consapevolezze dell’io narrante che accetta e svela ciò che è stato e ciò che è. Del resto è proprio il tempo il vero protagonista e con il tempo narrativo la Ciabatti gioca molto bene.

Una forma di scrittura originale e complessa, quasi un esercizio di stile (e lo dico con accezione positiva); è davvero notevole la sua capacità di tenere il filo del romanzo cambiando continuamente il tempo del racconto ma anche l’interlocutore, parla a noi ma si rivolge anche a lei ragazza, a lei scrittrice, alla figlia… una scrittura unica e personalissima, cosa che fa di una scrittrice di quelle con la S maiuscola.

Una lettura non semplice, che tocca picchi alti di emozione ma che resta, in generale, abbastanza lontana dal cuore, dal mio.

Un romanzo che parla di tanto, dell’accettazione del proprio corpo, della giovinezza, di quanto questa può essere paradiso per alcune e inferno per altre, o forse, a pensarci a modo, inferno per tutte. Non a caso parlo al femminile perché questo è anche un libro sull’essere femmina, ragazza, madre, donna. Sul corpo come essenza di noi, come fardello o trofeo, come mezzo di riconoscimento.

C’è cattiveria, quella cattiveria difficile da ammettere ma che tutte noi abbiamo provato, verso quei compagni di scuola che faticavano a riconoscerci, verso la ragazza carina che invidiavamo ma alla quale auguravamo il peggio, verso quei genitori che non ci hanno mai compreso o verso una società che non ci ha accettato per capire poi che l’accettazione doveva partire da noi stesse.

Ma c’è anche tanta tenerezza, verso quelle ragazze che siamo state e non saremo mai più.




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