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  • S.

non si giudica un libro dalla copertina


Ecco un libro di quelli che da anni trovo nelle pile di quelli scontati, nei classici da non perdere, e nella mia testa in quelli che..." prima o poi arrivo anche da te".

L'occasione mi è stata data, ancora una volta, da un audiolibro (settore che sto esplorando con interesse) che mi ha incuriosita prima di tutto dal binomio autrice/lettrice. Il libro è infatti letto da una splendida Laura Morante.

Di "Stupore e tremori" di Amélie Nothomb ho sempre pensato come di un libro che probabilmente mi avrebbe deluso. Per esempio ho sempre immaginato fosse il solito pesante pippone in stile giapponese. Scusate l'inaccettabile pregiudizio nei confronti della letteratura orientale o simpatizzante tale, ma questo è...

Comunque, preso atto di questo pregiudizio e siccome l'autrice è nata e cresciuta in Giappone, anche se di origine belga, e ha trascorso parte della sua infanzia tra Asia ed America (seguendo il padre diplomatico), avevo qualche sacrosanta perplessità.

E invece è andato tutto bene.

Per prima cosa si tratta di un racconto autobiografico e già questo lo rende molto interessante.

Siamo negli anni '90 quando Amélie, poco più che ventenne, torna a vivere in Giappone e trova lavoro presso una importante multinazionale, in cui scopre a suo discapito regole ferree e atteggiamenti paradossali che le renderanno quasi invivibile la sua esperienza. Le umiliazioni saranno all'ordine del giorno, tanto che il suo lavoro alla Yumimoto durerà solamente un anno.


"Non è possibile enumerare tutti i tuoi doveri, perché non esiste attimo della tua vita che non sia dominato da uno di essi. Anche quando sarai chiusa in bagno per dare umile sollievo alla vescica, avrai il dovere di vegliare perché nessuno possa sentire il canto del tuo ruscello: dovrai quindi tirare la catena in continuazione.

Ho fatto questo esempio per farti capire una cosa: se perfino la sfera più intima e insignificante della tua esistenza è sottomessa a una regola, figurati quale sarà la vastità degli obblighi che, a maggior ragione, peseranno sui momenti essenziali della tua vita"


Non è mancata addirittura una sorta di fastidio e di rabbia nei confronti di comportamenti e regole inaccettabili agli occhi di noi occidentali, della ferocia degli automatismi della burocrazia aziendale nipponica.

Proprio il racconto delle diversità e l'analisi delle due culture a confronto, sono le cose più interessanti di questo romanzo. Scoprire attraverso le sue argute e intelligenti parole le diverse interpretazioni della vita, non senza una giustissima ironia ma anche il totale rispetto.

Una bella scoperta, una storia originale, sarcastica e crudele che apre le porte a nuove prospettive. No, non verso la letteratura orientale (Murakami non mi avrai mai più) ma verso la scoperta di nuove letture di questa talentuosa scrittrice.


"..il che vuol dire che non esiste via di fuga. Invece ce n'è una. Una sola ma alla quale hai pienamente diritto, a meno che tu non abbia fatto la stupidaggine di convertirti al cristianesimo: hai il diritto di suicidarti.

In Giappone è un atto molto onorevole"


3/5



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