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  • C.

non si giudica un libro dalla copertina


"Pensai che ero ancora troppo piccola per tantissime cose, ma che nessuno ti diceva quando eri grande abbastanza, a quanti centimetri dovevi arrivare sullo stipite della porta, e chiesi a Dio se per favore invece del mio coniglio non poteva prendersi mio fratello Matthies: “Amen”


Mi sono sempre definita una lettrice poliedrica; prediligo la narrativa ma non disdegno saggistica, graphic-novel e biografie e cerco di spaziare tra i generi (anche se no, il fantasy proprio non ce la faccio). Poi c’è, e meno rendo conto, una ricetta che fa di un romanzo, il romanzo “per me”.

Non ho ancora capito quali siano tutti gli ingredienti e il dosaggio perfetto ma ho capito che se c'è una componente autobiografica, una storia dura, di violenze e dolori e il tutto è raccontato in prima persona, allora è roba per me.

Detto questo, posso confermare che"Il disagio della sera”, opera prima della giovane scrittrice olandese Marieke Lucas Rijnesveld (è suo il volto ritratto nella copertina della versione italiana edita da Nottetempo), neo vincitore dell’International Booker Prize, è a tutti gli effetti, un libro che non poteva non piacermi.

E’ un romanzo di formazione fortemente autobiografico che ha per protagonista Jas, una ragazzina che trascorre la sua vita tra la scuola, i preparativi per il Natale e il desiderio di andare a pattinare sul lago nella campagna olandese. Ma proprio nel lago suo fratello Matthies perde la vita, dopo che la stessa Jas gli ha augurato di morire al posto del suo coniglio. Da quel momento, nella cattolicissima famiglia della ragazza, entra letteralmente in casa la morte, con i vicini di casa che portano via l'albero di Natale e i genitori – in special modo il padre – convinti che Dio scaglierà sulla famiglia una nuova piaga. Abbandonati a loro stessi, i tre fratelli Jas, Obbe e Hanna sondano, nel privato delle loro stanzette, il dolore e la perdita.

Jas, nata lo stesso giorno di Hitler, dal momento della morte del fratello non si toglierà più il suo vecchio giaccone rosso, logoro e sdrucito, nelle cui tasche immagazzina tutto ciò che la può aiutare a non dimenticare.


"Ci sono due tipi di persone: quelle che ti stringono e quelle che ti lasciano andare.

Io appartengo alla seconda categoria. È solo attraverso le cose che raccolgo che posso trattenere un ricordo o una persona, metterli al sicuro nelle mie tasche."


Ogni giorno che passa dalla morte di Matthies la famiglia precipita lentamente in un pozzo di solitudini, apatia, distacco e dolore. Il tutto è raccontato dalla voce di Jas che, guidata dalla sua immensa immaginazione, si convince che in cantina viva una famiglia di ebrei e che, se riesce a resistere a non andare di corpo e a non togliere mai il suo giaccone, salverà la vita ai suoi genitori.

Con voce infantile ma estremamente lucida e terribilmente feroce, descrive il resto della famiglia e sé stessa non risparmiandosi e mettendo il lettore di fronte a una realtà inquietante e dura da accettare.


"Ogni perdita ha in sé tutti i precedenti tentativi di tenere con te qualcosa che non volevi perdere, e che però devi lasciare andare.

Da un sacchetto pieno di splendide biglie a un fratello."

Un libro sulla solitudine, quella causata dalla mancanza di affetto, di una carezza, di attenzione. Un libro sulla perdita dell’innocenza e sull’assurdità e ipocrisia di una fede cieca e ridicola.


4,5/5

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