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  • S.

non si giudica un libro dalla copertina


Secondo romanzo di Fernando Aramburu che leggo.

Secondo tomone di più di 700 pagine (scritto fitto fitto, quindi effettive 1000).

Secondo splendido libro. Un grande romanzo contemporaneo.

Posso tranquillamente dire che lo scrittore spagnolo arriva con molta facilità alle mie corde, nonostante la mia ritrosia nell'affrontare libroni di queste dimensioni. Un rifiuto che non ha alcuna motivazione valida, lo so, ma che dipende molto dalla mia scarsa capacità di concentrazione e dalla voglia di leggere tutto quello che mi capita a tiro, che il tomo un po' mi limita a fare.

Anche in questo caso, seppure si tratti di un romanzo davvero interessante che riesce ad inchiodarti alle sue pagine, 710 sono troppe, e questo è l'unico neo perché per il resto il protagonista, Toni, mi si è appiccicato addosso e non se ne parla di volersene andare.


Toni è un insegnante di filosofia, vive solo, anzi, milita proprio nel PPSS "Partito di chi Preferisce Stare Solo": è un individuo cresciuto nelle difficoltà, abituato a stare sulla difensiva, impassibile di fronte al contatto e ai sentimenti umani, poco incline ad aprirsi con gli altri. Arrivato a cinquantacinque anni decide che, da lì a un anno si suiciderà.

Il 31 luglio 2019 è la data scelta. Ma lo fa senza drammi, senza retorica, con una serenità quasi divertita dalla sua stessa amarezza, e dall’irragionevolezza del mondo.

Affronta l'anno che si trova di fronte scrivendo le sue memorie in una specie di diario in cui tutte le sere annota le sue sensazioni, ricordi, pensieri.

Ha alle spalle un matrimonio finito male, un figlio non troppo sveglio al quale non sa se vuole bene o no, un amico sfigato, una famiglia d'origine disfunzionale, una ex amante assillante e l'inseparabile cane Pepa.

Scrive le sue memorie, perché: "Ho bisogno di tirare fuori tutta la sporcizia accumulata dentro di me. Non voglio che mi ci seppelliscano, voglio essere in pace con me stesso e sentirmi pulito dentro nei miei ultimi istanti”.

Vuole andarsene in pace, in volo, come un rondone, senza pesi.


E' un romanzo intimo in cui il protagonista si mette a nudo per trovare un significato ad un'esistenza banale, come quella di milioni di persone, non senza una velata ironia che alleggerisce le tematiche importanti che offrono grandi spunti di riflessione; e la forma del diario ha il pregio di arrivare dritto allo stomaco. Toni ci parla in maniera sincera, diretta e senza filtri, privo di manierismo.


"Non mi piace la vita. La vita sarà pure tanto bella come afferma qualche cantante e poeta, ma a me non piace. Che nessuno venga a tessere le lodi al cielo del tramonto, alla musica o alle strisce delle tigri. Al diavolo tutti quegli ornamenti. Per me la vita è un’invenzione perversa, mal concepita e peggio realizzata. Mi piacerebbe che Dio esistesse per chiedergliene conto. Per dirgli in faccia quello che è: un pasticcione (…).

L’unica scusa di Dio è che non esiste."


Lunghissimo e lentissimo, senza colpi di scena, e per questo impegnativo, ma con grandi tematiche e una scrittura esemplare.

In "Patria" ci ha raccontato una storia collettiva mentre ne "I Rondoni" esamina attentamente la vita di un solo individuo, dei suoi dubbi, delle sue amarezza e delle sue consapevolezze di una vita senza qualità. Una vita però (che ci piaccia o no) che riserva sempre sorprese.

Dopo settecento amate ma sudate pagine, si arriva all'agognato traguardo con grande curiosità (merito dell'autore) ma credo ci saremmo guadagnati un epilogo più approfondito e non veloce e sbrigativo come è stato, ma ne vale comunque la pena.

4/5

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