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  • C.

non si giudica un libro dalla copertina


Jonathan Bazzi è tornato a parlare di sé.

Dopo l’esordio autobiografico con “Febbre” (Fandango), che lo ha portato finalista al Premio Strega 2020, torna in libreria, cavalcando successo e popolarità, con un altro libro, “Corpi minori" ( Mondadori) in cui decide nuovamente di dare in pasto la sua vita ai lettori, senza filtri, abbellimenti, rivisitazioni.

Se nel primo il tema principale era la scoperta della sua sieropositività (ma non solo: si parlava di provincia e di famiglia) in questo ultimo lavoro ripercorre gli anni da studente a Milano, città di cui sfrutta vie e quartieri per delineare il racconto e accompagnare il lettore tra le tante case e tappe che segnano la sua storia.

Milano, meta tanto ambita quanto feroce e inarrivabile.


Ma chi sono i corpi minori? "Sono in astronomia i corpi celesti di secondaria importanza, per dimensioni, che in genere ruotano intorno ai pianeti maggiori: asteroidi, meteoriti, stelle cadenti. "

Ma sono anche quei corpi che vivono un senso di esclusione, disposti a gravitare attorno ad altri, a dipendere da qualcuno.


E quello che ci mostra Bazzi è il suo “corpo minore” , segnato da ore di Yoga e dai tanti amori, che siano di una notte o duraturi, un corpo che cerca amore, successo, realizzazione. Un corpo che passa di casa in casa, di scuola in scuola, che vive in città ma passa ore sui mezzi per tornare in periferia. Che ama i gatti e smette di nutrirsi di animali. Un corpo minore che trova un altro corpo minore, gli gravita attorno, se ne ossessiona fino, paradossalmente a respingerlo ma che, in ultimo, riesce a trasformare ossessioni e dipendenze in amore.


Bazzi è sicuramente uno dei giovani autori italiani più interessanti e poco importa, a me, se scrive solo di sé, la letteratura è piena di scrittori che non sono mai usciti dalla forma autobiografica; che cercano di fare della propria vita una rappresentazione della realtà e mi pare che in questo, ci riesca bene.


Unico grande neo di questo libro è la forma, se ho amato molto quella più spontanea e di conseguenza emozionante di Febbre, tanto mi è risultata indigesta questa. Talmente costruita da risultare respingente. Con un’amica ne abbiamo notato le somiglianze con quella di Teresa Ciabatti, sua mentore e grande amica, ma anche qui la differenza è enorme. Più che una scelta utile alla narrazione, sembra un’esigenza di dimostrare una crescita come scrittore, di mostrare di avere una voce unica, quella che ogni autore dovrebbe avere ma che Bazzi, secondo me, aveva già.


3/5

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