Ottobre è stato il mese di "Crossroads" di Jonathan Franzen.
Eh sì, si può dire che lo abbiamo dedicato quasi tutto alla lettura di questo romanzo di più di 600 pagine che per noi non sono tantissime ma la cui densità impone una concentrazione e di conseguenza una tempistica maggiore.
Uscito il 5 ottobre, era già nelle nostre mani il 4, perché, qualsiasi cosa se ne pensi, Franzen bisogna leggerlo e anche con una certa urgenza.
Si tratta del primo romanzo di una trilogia e quello che emerge è esattamente ciò che ci si aspetta da lui : un romanzo denso, ricco di parole e contenuti.
Al centro del romanzo una famiglia, gli Hildebrandt, inseriti nella piccola comunità cristiana di New Prospect, alla fine degli anni sessanta inizi settanta.
Il padre, il reverendo Russ infatuatosi di una vedova discepola e la madre, la volitiva Marion, con un passato oscuro, sono alle prese con una crisi matrimoniale. I figli, Perry con grossi problemi di droga, Becky bella cheerleader di successo, Clem che si vuole arruolare nell'esercito e partire volontario per la guerra in Vietnam e il piccolo Judson ancora bambino e quindi ancora fuori dalle dinamiche distruttive della famiglia.
Le incomprensioni e i conflitti sono all'ordine del giorno e quando Perry e Becky si ritrovano entrambi a frequentare Crossroads, l’associazione cristiana giovanile gestita dal rivale di Russ, Rick Ambrose, uscirà tutta la durissima estraneità tra i fratelli.
Si formano crepe profonde in cui la mano di Franzen scava tirando fuori in maniera magistrale le debolezze, le nevrosi e i conflitti delle relazioni umane come nessuno riesce a fare. Uno scrittore raffinato, colto, irrinunciabile.
Traccia un profilo preciso della società americana attraverso i protagonisti di una famiglia apparentemente normale. Un libro che parla di dipendenze e ipocrisia, di religione e della sua superficialità; di adulti non in grado di fare da esempio a figli che non riescono a vivere la spensieratezza dei loro anni. Di come sia difficile costruire e gestire un legame.
Ora, non si discute quindi del grande talento e delle capacità di questo mostro sacro della letteratura, ma, diciamolo, portare a termine questo romanzo è stato anche una fatica; non a caso ci abbiamo messo quasi un mese per finirlo.
Il suo grande romanzo familiare è scritto dannatamente bene ma è anche impervio e lastricato di momenti di noia (non nuovi per lui, ricordiamo il suo tedioso amore per il birdwatching con cui ci ha annoiato a morte in "Libertà"), soprattutto nella seconda parte del romanzo.
Un romanzo controverso, che a tratti vorresti finire in fretta e altri vorresti non finisse mai. Ti incatena alle sue pagine e ti ammorba con i suoi pistolotti. Ti illumina con le sue parole e ti fa sbadigliare per intere pagine.
Una certezza comunque l'abbiamo: un nuovo romanzo di Franzen si aspetta e si legge sempre con grande entusiasmo!
4/5
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