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  • C.

non si giudica un libro dalla copertina


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“Gente, state leggendo l’autobiografia di un misantropo ignorante e patito di gangster; di un solitario incolto che se ne stava davanti a uno specchio a tre ante a fare esercizi con un mazzo di carte per nascondere un asso di picche nel palmo della mano, renderlo invisibile da qualunque angolazione e gabbare qualche ingenuo.”

Non so quali siano i vostri miti, sempre che ne abbiate.

Sicuramente io so quali sono i miei, e non sono pochi; quelli a cui devo la mia crescita culturale, la mia maturità emotiva ed estetica, quelli a cui devo dire “grazie”, in parte, per l’adulta che sono diventata.

Uno di questi è senza ombra di dubbio Woody Allen, l’artista che più ha influito sul mio modo di pensare, di ridere, di vedere la vita e che ha formato il mio pensiero critico.

Di lui, che si definisce prima di tutto uno scrittore, ho letto tutto e ho iniziato a farlo in adolescenza, in quegli anni fondamentali, quelli di formazione e cambiamento…a ripensarci adesso è stata proprio una fortuna che mi sia capitato fra le mani, quel giorno, “Citarsi Addosso”.

Da lì non l’ho più abbandonato e tra alti e bassi (lui stesso ha l’unico rimpianto di non avere mai realizzato un capolavoro, cosa non vera, a mio parere), mi ha accompagnato per 30 anni e continuerà a farlo fino alla fine.

Capirete quindi che alla notizia dell’uscita della sua prima (e ultima) autobiografia "A proposito di niente", io non stessi nella pelle. L’ho letta in due giorni ed è stato come sempre un piacere e come non avevo dubbi, una conferma.

Allen, in poco meno di 400 pagine racconta tutta la sua vita, dalla nascita (letteralmente), passando da quel bambino che sognava di fare l’illusionista o il gangstar, agli anni dell'adolescenza in cui fa la scoperta del cinema e della musica Jazz grazie alla cugina Ruth, all’inizio della sua carriera come autore e stand up comedian, fino alla sua lunghissima carriera di sceneggiatore e regista di ogni sua cosa.

Ci fa immergere nell'atmosfera della Brooklyn in cui è nato, di Coney Island, di Manhattan (il suo vero amore) e delle città che lo hanno ospitato e accolto e raccontato tutti quegli aneddoti che poi abbiamo ritrovato nei sue numerosissimi film.

Descrive ed elenca le sue opere che lo hanno proclamato "genio intellettuale", nomea che non ha mai accettato.

"Tra parentesi, è sorprendente quanto spesso io sia etichettato come “intellettuale”. È vero quanto è vero che esiste il mostro di Loch Ness, dal momento che non ho un solo neurone intellettuale nel cervello. Incolto e per nulla interessato allo studio, sono cresciuto con tutte le premesse per diventare un buzzurro che se ne sta in poltrona davanti alla televisione, birra in mano e partita di football ad alto volume, paginoni di “Playboy” attaccati con lo scotch alla parete. Posso sfoggiare giacche di tweed come un professore di Oxford, ma dentro sono un barbaro. Non ho né intuizioni geniali né pensieri elevati, non capisco la maggior parte delle poesie più complesse della Vispa Teresa. Certo, porto un paio di occhiali con la montatura nera, e suppongo che siano loro a tenere viva questa leggenda, in combinazione con il talento di appropriarmi di citazioni di testi eruditi che vanno al di là della mia comprensione ma che possono essere usati nel mio lavoro per dare l’ingannevole impressione di essere più colto di quanto non sia."

Ripercorre anche la sua vita sentimentale, i suoi tanti amori e le donne che gli hanno cambiato la vita e a cui deve moltissimo. Si sofferma molto (e di questo si dispiace ma è una parte della sua vita che non può ignorare, oltre a essere il motivo per il quale molti compreranno il libro), sugli scandali sessuali. Approfitta di questa occasione per spiegare definitivamente, cosa di cui non ci sarebbe bisogno in quanto è tutto documentato, (ma a quanto pare il mondo è pieno di mentecatti) i vari scandali, da quello legato a SoonYi, sua moglie da 25 anni, a quello in cui viene accusato dalla ex compagna, di molestie verso Dylan (sua figlia che all’epoca aveva 7 anni) da cui esce innocente dopo diverse indagini ma perdente in quanto non potrà più rivederla e la sua immagine verrà infangata per sempre.

Continueranno a puntargli il dito, a definirlo “orco” anche se la giustizia l’ha dichiarato, senza ombra di dubbio, innocente. Ma del resto, come dice bene: “Basta essere accusati per essere ritenuti colpevoli” e anche quando sembra tutto finito, il clan Farrow trova il modo di far rispuntare la vecchia calunnia dopo più di vent’anni e il risultato è che il suo ultimo film non è stato distribuito in America, per quello appena girato ha faticato addirittura a trovare attori disponibili e questa autobiografia è una fortuna sia stata pubblicata almeno in Europa.

A chi gli chiede come ha fatto a superare tuto questo, come possa convivere con tali accuse da quasi trent'anni, risponde:

“L’universo è un caos maligno e insensato, che importanza può avere una piccola, falsa accusa nell’ordine delle cose? In secondo luogo, essere un misantropo ha i suoi vantaggi- la gente non può mai deluderti.”

[…]

“Ho ottantaquattro anni; sono quasi arrivato a metà della mia vita. Alla mia età, ormai ho poco da perdere.

Non credendo in un aldilà, non vedo che cosa possa cambiare se verrò ricordato come un regista o come un pedofilo. Chiedo solo che le mie ceneri vengano sparse vicino a una farmacia.”

Quello che emerge da questa autobiografia è ad ogni modo una vita felice, anche se il raggiungimento della felicità non è certo mai stato lo scopo della sua vita, (non più di quello di diventare un buon jazzista) di un uomo umile e realista, pieno di fobie e insicurezze, che ha conosciuto e frequentato i più grandi e dai quali, con grande modestia, prende le distanze mettendosi sempre un gradino sotto. Un mito che ha i suoi miti, da quelli della musica a quelli della letteratura e del cinema, che ha cercato instancabilmente di emulare e ai quali rende omaggio in queste pagine.

Un uomo che si ritiene fortunato, nato con il talento per la battuta che non lo ha mai abbandonato, che ha lavorato tutta la vita per fare un buon film, che non si è mai guardato indietro ma solo e sempre avanti.

Una lettura che ti lascia con tanta amarezza in bocca ma con il sorriso sulle labbra per le centinaia di freddure e commenti arguti con cui condisce anche le storie più nere, che mi ricordano perché lo amo tanto e lo confermano il grande uomo che è.

P.S. il suo capolavoro è "Io e Annie" (ma anche “Crimini e Misfatti”, “Basta che funzioni”, etc etc…), ma non diteglielo, non ci crederà.


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