È passato quasi un anno dall'ultima volta che abbiamo ospitato la nostra amica P. sul nostro blog (inaccettabile, dobbiamo farlo molto più spesso!) per una recensione a tre mani. P., lettrice seriale e bravissima scrittrice (forse non la ospitiamo così spesso perché ci farebbe sfigurare), ci ha proposto la lettura condivisa di "Olive, ancora lei", sequel di "Olive Kitteridge, di Elizabet Strout (Einaudi).
Lettura obbligatoria, per chiunque abbia letto il primo, che ci ha trovate fondamentalmente d'accordo e di cui speriamo di "parlarne tra amiche" a breve, come ci siamo ripromesse, davanti a una buona bottiglia di vino.
C.
C’è chi sostiene che la qualità più sottovalutata sia la gentilezza, ed è certamente vero, chi la coerenza, della quale mi ritengo una grande fan e portatrice sana ma quasi mai si nomina la sincerità, forse perché è difficile considerarla sempre una qualità perché accettarla non è facile.
Olive Kitteridge, di cui le presentazioni sono superflue (se non avete letto il primo romanzo omonimo allora non leggete neanche questo post) è la persona più sincera del mondo, talmente sincera da risultare indigesta, presuntuosa, arrogante, insensibile e snob.
Ma sono proprio la sincerità e la schiettezza che la contraddistinguono a renderla una delle persone più vere e “a fuoco” che si possano incontrare.
Ovviamente sono in molti a non sopportarla, ma chi riesce a vedere sotto quella scorza burbera e a coglierne la meraviglia del cuore e della mente la adorerà, così come l’adoro io.
L’avevamo lasciata vedova, alle prese con un nuovo amore, con il difficile rapporto con il figlio, nella sua casetta vista lago a Crosby, nel Maine.
E la ritroviamo sempre lì, sempre lei, solo più vecchia e, se possibile, ancora più sincera.
Ma non è Olive il vero e unico protagonista di questo libro che possiamo definire un "romanzo di racconti", sono infatti tante le storie che ci vengono raccontate, storie di famiglie, di rapporti, storie di gente comune che comune non è.
Come non lo è nessuno di noi.
Olive è solo un pretesto, quindi, la sua vita sfiora altre vite e lei diventa giudice e occhio di altre storie.
Questo secondo volume, meravigliosamente scritto da una Strout che si conferma la grandissima scrittrice che è, non è certo sorprendente, (ormai potrebbe scrivere della sua Olive a occhi chiusi) ma è una lettura piacevole, completa, ricca di spunti di riflessione che ci mostra un’anziana signora dalla vita non facile ma che non rinuncia a vivere, ad amare, a dire ciò che pensa e in grado, ancora, di stupirsi della vita e della gente.
Il suo secondo marito la definiva a volte “troppo Olive” perché Olive non è solo un nome ma un modo di essere e io auguro a tutti, ogni tanto, di essere “almeno un po’, Olive”.
"Olive pensò: guarda la gente quanto può voler bene a persone che manco conosce,
e in modo profondo, anche, e intenso, seppure – come nel suo caso – passeggero."
4/5
S.
Tutti ricordano il momento esatto in cui si trovavano l'11 settembre 2001. O in occasione di altre date fondamentali della nostra vita. Ecco, io ricorderò perfettamente cosa ho letto nel periodo della quarantena forzata che tutti ci troviamo a vivere.
Una delle letture che sicuramente ricorderò tra le più attese e le più confortanti è proprio "Olive, ancora tu", perché Elizabeth Strout è tra le scrittrici che più amo e che difficilmente mi deludono.
Anche in questo caso è stato così, pur dovendo ammettere che per un attimo ho temuto il peggio. I sequel mi fanno sempre paura, soprattutto in letteratura.
E invece Olive è tornata, ed è stato un bellissimo ritrovarci.
L'ho ritrovata cinica, sincera e burbera, come l'avevo lasciata nella sua Crosby, nello splendido Maine, una decina di anni fa.
Li riesco a vedere i cittadini di questo paesino sulla costa. Costa che ho visitato nel 2014 e che quindi non fatico ad immaginare.
I colori, gli odori e le sensazioni che mi sono portata a casa, per uno dei viaggi più belli della mia vita.
La Strout riesce a rievocare in me tutte queste sensazioni con il solito talento e con la sua penna delicata mi rilassa e mi trascina nel suo mondo di storie vere e apparentemente normali che in questo momento appaiono così lontane ma di cui ho tremendamente bisogno e che mi riportano in un luogo sicuro e accogliente.
E' questo che riesce sempre a fare la scrittrice americana, raccontare di tutte le sfumature dei sentimenti, delle tragedie umane, delle solitudini, dei bisogni, della fragilità dei rapporti, con un tocco leggero ed elegante, senza giudizio e senza consolazione.
E lo fa dannatamente bene!
E Olive...che dire di Olive. Che vorrei essere un po' come lei. Che mi mancherà molto e che non la dimenticherò mai.
"E capì che non bisogna mai prenderla alla leggera, la profonda solitudine della gente,
che le scelte fatte per arginare quella voragine di buio esigevano molto rispetto."
4,5/5
P.
Stiamo vivendo momenti bui, il cuore non avrebbe retto una delusione da parte della mia autrice preferita eppure, devo ammetterlo, ho temuto il peggio. Ho amato alla follia 'Olive Kitteridge' e neanche a me, come a S., hanno mai convinto i sequel.
Grazie al cielo mi sbagliavo: Olive, ancora lei, con il suo cinismo, la sua ruvidità, le sue parole spietatamente sincere e spesso mal poste.
Ancora storie che si intrecciano, si sfiorano e colpiscono come pugni nello stomaco, ancora una volta un romanzo che non ci molla, almeno lui, in questo momento di reclusione.
Olive è invecchiata e forse, per certi versi, si è quasi ammorbidita, ma ciò non la rende meno affascinante, tutt'altro: è nella fase calante della vita e trae conclusioni sulla strada percorsa guardando con malinconia l'orizzonte. Attraverso i suoi occhi, Olive ci offre storie che mostrano la magia della riparazione. Il tempo mitiga la rabbia, insegna, offre generoso esperienze differenti e mostra la caducità delle cose, plasmando gli animi e i rapporti che spesso si riparano, soprattutto quello con noi stessi.
Così Olive racconta nuove storie e si lascia forgiare da nuove esperienze guardando al passato con un velo di rimorso e nostalgia. Un passato di cui percepisce la mancanza ma attraverso la quale reinterpreta il presente, e, lasciando alle spalle un pezzo di cuore va avanti, diversa, eppure sempre lei.
La Strout riesce sempre a trasmettere immagini evocative di una potenza dirompente e coglie la dimensione delle emozioni in modo avvolgente e pervasivo, sempre puntuale e mai stucchevole.
Ciò che mi ha lasciato questo libro, senza il ben che minino retrogusto melenso, è il sapore della speranza.
Speranza che le cose evolvano, cambino, ancor più ci cambino, ci trasformino senza mai impedirci di mantenere la nostra essenza più profonda.
Lo stesso ritmo, una melodia nuova.
Il libro giusto al momento giusto: in questa quarantena una voce amica con una scrittura magnetica ci offre la possibilità di riflettere su come le occasioni vadano colte, su come si possa fare meglio ma non sempre ci si riesca.
Nonostante tutto va bene così: il viaggio è stato reale, perfetto in tutti i suoi errori.
"Voi sapete benissimo chi siete. Basta che vi osserviate e vi ascoltiate e saprete benissimo chi siete. Non dimenticatelo!"
4,5/5