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C.

non si giudica un libro dalla copertina


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C'è una casa editrice che ha il nome di un cane.

Si chiama Blackie, come la cagnolina "immortale" appartenuta ai fondatori, è nata una decina di anni fa in Spagna, a Barcellona, e finalmente (ora lo posso dire) ha aperto una sede anche in Italia.

Inizio parlando della casa editrice perché, credetemi, si presenta proprio bene. I libri sono delle vere chicche, ogni volume apre con una micro avventura della cagnolina Blackie, sono belli da toccare, da vedere e, soprattutto, da leggere.

Il primo romanzo firmato dalla simpatica cagnolina e uscito anche in Italia è "Gli schifosi" di Santiago Lorenzo.

La storia dello scrittore basterebbe per farci tutto il post e conoscerla mi ha fatto comprendere meglio il senso del libro, essendo in parte simile a quella del protagonista. Santiago Lorenzo, ex regista, ha deciso anni fa di mollare il mondo del cinema e di rifugiarsi in un piccolo paesino di una decina di case, di dedicarsi alla scrittura e di vivere di poco; non viaggia praticamente mai; ha trovato la sua dimensione fatta di solitudine.

"Voleva vivere isolato, senza altre parole né regole che le sue. Tutti i debiti sono con le persone.

Niente persone, niente debiti. Soltanto quelli che uno ha con sé stesso. E quel debitore non sfuggirà."

Il libro racconta una storia analoga, quella di un isolamento, ma in questo caso forzato. Manuel, ragazzo solitario, dal grande desiderio ma dalle grosse difficoltà a socializzare, accoltella per autodifesa un poliziotto e scappa. Aiutato dallo zio, unico parente a cui è vicino, si rifugia in un paesino disabitato. Lì sopravvive nella soffitta di una casa abbandonata, grazie a romanzi tascabili, vegetali che recupera nei dintorni e una piccola spesa fatta al Lidl, che suo zio periodicamente gli invia. Manuel scopre così che quanto meno possiede, di tanto meno ha bisogno. Col passare dei giorni quella che nasce come una prigionia si trasforma in una situazione di totale libertà e appagamento per il ragazzo che, finalmente, sembra aver trovato la sua dimensione.

La solitudine, per lui, non è più una condanna, ma qualcosa da ricercare con strenua assiduità.

Purtroppo per lui non sempre le cose vanno però come si vorrebbe.

Si trova infatti a dover fronteggiare "un'invasione" e a difendere con ogni mezzo, la serenità raggiunta.

"Aveva passato la vita a cercare il successo (amici, ragazze) un tipo che non voleva avere successo.

Per questo falliva. Falliva per il suo bene, che era ciò che lui voleva:

fallire con la gente in modo che, di conseguenza, la gente lo evitasse."

Il libro tocca temi profondi e molto attuali ed è un'urlata denuncia al progresso, visto come accumulazione inutile del superfluo. Manuel descrive questa famiglia di invasori rivolgendosi in realtà a tutta la società contemporanea, al livello culturale che si sta abbassando in maniera drammatica, a un'umanità di "Schifosi" che portano in giro la bruttura vanificando il bello che li circonda. Una società in cui vanità, consumismo estremo, mediocrità e schiacciante potere dell’economia e della politica danno vita ad un humus umidiccio in cui noi tutti stiamo sguazzando e in cui rischiamo di affogare.

La vita di Manuel diventa migliore senza le altre persone e io, che da sempre mi considero un'isola, lo posso comprendere, ma il suo cuore si indurisce, perde l'empatia che lo rende umano e sfocia in un'intolleranza incontrollata.

Estremo, forse fin troppo, stimola indubbiamente un'autoanalisi e una presa di coscienza.

Con onestà, mi posso considerare una "schifosa" anche io?

3,5/5


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