"Dicono che prima di morire ti passa tutta la vita davanti.
Avessi un po' di popcorn, almeno."
Calafiore.
Che bel titolo, bello come il personaggio di questo libro, originale, ben scritto, curioso.
Pino Calafiore è un archivista bancario obeso praticamente da sempre, passa la sua vita accettando ciò che gli succede, vittima di una società che fatica ad accettarlo e del suo peso in costante aumento. Calafiore mangia non per fame ma perché è l'unica cosa che sa fare, che ama fare, e in cui è bravo. Prova mille stravaganti e inutili diete per poi finire sempre, tutte le notti, a scendere le scale, precipitarsi in strada e abbuffarsi di arancini fritti. Pino però non è solo, ha Serena, ragazza madre che ha aiutato nel momento del bisogno e Giada, una bambina che considera a tutti gli effetti sua figlia. Un giorno tutto questo gli verrà portato via e lui finirà vittima di una coppia di cannibali che vedono in lui una specie di messia. Il libro si articola in capitoli in cui si alternano la sua storia e quella della coppia di mangia-uomini, storie raccontate in prima persona dai tre protagonisti in una sorta di confessione di gruppo prima del compimento di un atto estremo.
Il risultato è una commedia amara, potente e cinica, a tratti horror. Si ride, ci si commuove e ci si disgusta. La prosa è molto bella, asciutta e fresca; in neanche 200 pagine Arturo Belluardo, scrittore siciliano da tenere d'occhio, dice molto di più di quello che apparentemente sembri. Il libro infatti è una grande metafora contemporanea e il senso reale della storia lo si coglie soprattutto nel non detto. Una storia intrisa di humor dark ma anche di tanta tenerezza, divertente ma allo stesso tempo triste e drammatica. Un romanzo con un sacco di riferimenti alla cultura pop trash e una critica amara sulla "società che mangia" fino a divorare sé stessa.
Bravo.
"Di me è rimasto soltanto il corpo, l'anima, se c'è mai stata, me la sono mangiata quando non ho capito.
Non ho capito che il grasso serviva a proteggere quell'esserino minuscolo che sono, quel bambino mai cresciuto, sprofondato nell'amorfo, felice di sprofondare."
3,5/5