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non si giudica un libro dalla copertina


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"Che vuol dire essere un rifugiato?

Un bambino rifugiato è un bambino che aspetta”.

Al primo posto della classifica di qualità dell'Indiscreto per l'anno appena finito c'è "Archivio dei bambini perduti" di Valeria Luiselli, giovane scrittrice sud americana dal futuro molto promettente.

Lei ha molto talento ed è stata una bella scoperta ma non condividiamo a pieno il giudizio della prestigiosa giuria in quanto il libro è sì, notevole sotto molti punti di vista, ma anche estremamente lento e purtroppo poco ci ha lasciato.

È la storia di un viaggio o, per meglio dire, di molti viaggi. Partendo da quello che i 4 protagonisti (una coppia e i due bambini nati da precedenti relazioni) decidono di affrontare per seguire il progetto del padre che vuole raggiungere le terre degli Apache per catturarne l'eco (padre e madre condividono più o meno lo stesso mestiere, lei giornalista, lui acustemologo), passando dalla narrazione di quello che milioni di bambini affrontano varcando il confine tra Messico e Stati Uniti e che rappresenta il progetto della moglie, a quello più inaspettato che è anche la parte più interessante del libro, una svolta narrativa che rialza immediatamente l'interesse ma di cui non vi sveliamo nulla.

In un alternarsi di paesaggi desertici, polverose città di frontiera e soste in motel, si delinea una nuova mappa dell’America di oggi, un territorio profondamente segnato dalla sua storia, dalle migrazioni e dalle conquiste.

Lo stesso paesaggio che, in cima a un treno merci, attraversano anche i bambini perduti con un numero di telefono cucito sui vestiti. A fare compagnia alla famiglia ci sono audiolibri, come "Il signore delle mosche", ci sono canzoni, tra le quali spicca "Space Oddity" di Bowie, un vero e proprio codice di comunicazione tra i due bambini, fino ai notiziari che parlano dei piccoli deportati.

La struttura del libro è davvero originale, dalla forma dei capitoli alla stratificazione narrativa ma tutta questa affascinante impalcatura toglie un po' di anima al libro che abbiamo onestamente faticato a terminare e di cui vediamo la grandezza ma anche i limiti emozionali.

"Le storie sono un modo di sottrarre futuro al passato, il solo modo di fare chiarezza col senno di poi."

4/5


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