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non si giudica un libro dalla copertina


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Finito il primo libro del 2020 e già so che probabilmente finirà nell'elenco dei preferiti di fine anno.

Colibrì, di Sandro Veronesi, uscito qualche settimana fa, leggendone la trama mi aveva lasciata piuttosto indifferente, e quindi posso tranquillamente iniziare questo anno nuovo con una bella smentita e con l'occasione per ripensare a tutti i libri che probabilmente mi sono persa considerandoli, con evidente superficialità, non adatti a me.

E' dunque con un banalissimo "l'apparenza inganna" e con una buone dose di ottimismo che inizio il mio anno di letture, che come detto inizia con il botto perché "Colibrì" è senz'altro adatto a me. Mi si è incollato agli occhi e mi ha trascinata per i capelli fino alla fine.

Certo ho avuto le mie buone ragioni per aver aspettato ed esitato a leggerlo, perché se è vero come è vero che ho amato molto "Caos calmo", è altrettanto vero che "XY" è stata una vera delusione. Sono stata quindi negli anni, sedotta e poi abbandonata.

E invece, caro Sandro, mi hai di nuovo catturata con un argomento che mi appassiona sempre: il dolore. E come fare per sopravvivere, quando l'inferno bussa alla tua porta, o meglio, come spieghi molto bene, quando ricevi quella telefonata, nel cuore della notte, che nessuno vorrebbe mai ricevere.

A Marco Carrera, protagonista del romanzo, chiamato fin da piccolo Colibrì per via della sua minuta corporatura e altezza sistemate poi con una cura ormonale, succede, durante tutto l'arco della vita, di dover far fronte a molto dolore, a perdite insopportabili e di trovare ogni volta la forza per continuare a vivere e non precipitare.

La meraviglia di questo romanzo, che appassiona e commuove, sono i continui sbalzi temporali, che non sono una novità narrativa ma che qui sono gestiti in maniera perfetta. Si passa da capitoli in cui intrattiene scambi amorosi scrivendo lettere all'amata Luisa, a quelli in cui scrive mail al fratello con cui non ha rapporti da anni e a capitoli in cui i continui flashback ripercorrono la vita del Colibrì, fatta, come detto, di dolore, perdite e, in qualche modo, resistenza.

Eh sì, perché il colibrì oltre ad avere la caratteristiche di essere piccino, ha anche la capacità di rimanere quasi immobile, a mezz'aria, grazie a un frenetico e rapidissimo battito alare (dai 12 agli 80 battiti al secondo), un po' come Marco, che rimane immobile, e batte fortissime le ali per non crollare.

Veronesi a mio avviso rimette la barra dritta, e trova le parole precise per colpire in maniera decisa. Affronta i grandi drammi dell'esistenza in un modo che mi è molto congeniale. Niente paternalismi o retoriche, dialoghi brevi ed efficaci, diretto e allo stesso tempo semplice ma potente.

La commozione è sempre dietro l'angolo e ti costringe a una lettura quasi compulsiva, da cui è difficile staccarsi.

Il finale poi, gestito con vera maestria e con una buona dose di paraculaggine, ti lascia in un mare di lacrime.

Ma....c'è un però anche in questo libro. La svolta narrativa 'dell'uomo nuovo' (chi lo ha letto capirà; non voglio fare spoiler) che definire forzata è poco. Una scelta che mi è parsa piuttosto velleitaria. Diciamo pure che una trentina di pagine, prima del finale, si potevano evitare.

Rimane un romanzo intenso e coinvolgente, consigliatissimo.

4/5


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