top of page
  • S.

non si giudica un libro dalla copertina


In questo breve post triste vi racconterò di quando ho scoperto che anche i migliori possono dare consigli sbagliati.

Certo non esiste un consiglio giusto o sbagliato in assoluto, nel senso che poi il gradimento è sempre soggettivo, ma fino ad ora, il consigliatore in questione non aveva mai sbagliato un colpo.

Lo perdono, ma certo mi ha fatto uno scherzetto, perché questo libro l'ho finito qualche giorno fa e me lo sono già abbondantemente dimenticato.

"L'anno che imparai a leggere" di Marco Marsullo è un romanzo noioso e banale di cui salvo pochissime pagine.

Il post potrebbe tranquillamente finire qua perché questi sono gli unici aggettivi che mi vengono in mente.

Non lascia alcun segno, non scalda il cuore e non strappa né sorrisi né lacrime, tanto per ribattere alle note positive di cui ho letto e ascoltato in qualche recensione.

La storia è semplice ma se vogliamo originale (motivo per cui ho seguito il consiglio di lettura): Niccolò, giovane scrittore napoletano in crisi di ispirazione incontra Simona e se ne innamora.

Simona ha un figlio, Lorenzo, di appena quattro anni e decide poco tempo dopo l'inizio della loro frequentazione, di partire per una tournée teatrale in giro per l'Italia per un anno intero, lasciando le cure del figlio a Niccolò.

Nella storia entrerà anche il padre di Lorenzo, Andres, chitarrista argentino molto hippie che si presenterà alla loro porta esigendo ed ottenendo ospitalità, che gli verrà peraltro concessa (non chiedetemi per quale motivo non è stato mandato via a calci in culo dopo che per quattro anni non si era fino ad allora palesato per chiedere notizie del figlio).

Entrambi i ragazzi si ritroveranno quindi a doversi occupare di questo bambino, temporaneamente abbandonato dalla madre, e ovviamente si innamoreranno follemente di lui. Entreranno, all'inizio non senza difficoltà, nella vita di Lorenzo, travolti da grandi responsabilità ma anche forti emozioni.

Lo so, penserete che sono insensibile e cinica, e forse è vero (solo cinica però, insensibile non direi), ma certe storie avrebbero bisogno di un po' più di profondità, a mio avviso. Questo libro è pieno zeppo di dialoghi scontati e battute semplici che solo superficialmente vanno a toccare corde sensibili. Manca lo spessore.

Non voglio però essere totalmente catastrofica e dico che qualche battuta la possiamo anche salvare e in più è abbastanza breve (che in certi casi è un merito) ma è davvero un libro che rimane sulla superficie, che non scava, che non regala emozioni e che si dimentica in fretta.

Di che stavamo parlando?


0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page