"E anche se è bello sentirsi virtuosi,
vale la pena di valutare se sentirsi virtuosi ed essere virtuosi siano proprio la stessa cosa."
Eccolo qua, il solito guastafeste.
Bret Easton Ellis è tornato ma non con un romanzo, bensì con una raccolta di scritti, un libro difficile da catalogare come genere ma senza ombra di dubbio catalogabile come "indispensabile", dal titolo provocatorio "Bianco".
Lo scrittore, enfant prodige di "Meno di zero", affermatosi come uno dei più grandi con "American Psyco" e confermato tale con "Lunar Park", famoso per il suo virtuosismo e talento innato ma anche per essere un gran "rompicoglioni", spocchioso e dal pensiero radicale, si mette a nudo in questo libro graffiante e divertente e dà vita a un manifesto del pensiero libero. Uno degli scrittori più estremi, amato da molti ma odiato dai più, un intellettuale scomodo e il cui punto di vista spesso infastidisce dà a tutti una grandissima lezione di neutralità e tolleranza attraverso una feroce analisi della società moderna, del potere dei media, dell'uso dei social e dell'atteggiamento politically correct che sta portando il mondo a una deriva paradossalmente fascista.
"Quando tutti pretendono di passare per specialisti e di avere una voce che ha diritto di essere ascoltata, ciò in realtà rende la voce di ciascuno meno significativa. Tutto quello che abbiamo ottenuto in effetti è di ritrovarci incasellati-per essere venduti, brandizzati, usati come target pubblicitari o fonti di dati. Ma questa è la logica conclusione della democratizzazione della cultura e del temibile culto dell'inclusione, che insiste sul fatto che tutti debbano vivere sotto lo stesso sistema di regole e regolamenti: un mandato che detta a tutti noi come dovremmo esprimerci o comportarci."
Come sempre contro ogni forma di ipocrisia, attraverso un testo dove si mette a nudo, spiega in maniera inequivocabile il suo punto di vista, spesso travisato o non compreso o chissà...forse il libro è a sua volta una presa in giro, chi lo sa.
Fatto sta che si innesca nel lettore una forma di autoanalisi che lo porta a dubitare di ciò che considera giusto o sbagliato e del proprio atteggiamento verso chi non la pensa come lui.
Uno scrittore che probabilmente non tornerà più ai livelli che lo hanno consacrato come “la voce della Generazione X”, ma che è riuscito a radiografare con lucidità anche le generazioni successive.
Con "Bianco" ha scritto forse il suo testo più importante ridefinendo il limite di ciò di cui si può parlare e il modo in cui si può farlo.
Anche se non completamente condivisibile (parlo personalmente) ne esci ammaccato e sinceramente imbarazzato.
Un pensiero come sempre controcorrente, alto, anzi altissimo che ti si pianta in gola e non vuol saperne di andare giù ma di cui ne vorresti un altro assaggio, e un altro ancora.
Disturbante e onesto, talmente giusto da risultare indigesto e offensivo ma che, una volta assimilato, non può che renderti più libero. Del resto lui stesso afferma "A dire il vero non sono mai stato bravo a capire quali siano le cose che possano offendere."
"Ridete di tutto o finirete per non ridere più di niente."
4,5/5