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non si giudica un libro dalla copertina


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“Dormire mi sembrava produttivo, come se qualcosa venisse risolto. Sapevo in fondo al cuore – e questa era forse l’unica cosa che sapevo in quel periodo – che se fossi riuscita a dormire abbastanza sarei stata bene. Mi sarei sentita rinata, nuova. Avrei potuto diventare un’altra persona, ogni cellula rigenerata tante volte così che quelle vecchie sarebbero state solo memorie sfocate, distanti. La mia vita passata sarebbe stata solo un sogno, e avrei potuto ricominciare senza rimpianti, rafforzata dalla beatitudine e dalla serenità accumulata nel mio anno di riposo e oblio»

Questa in pratica la trama del romanzo della giovane scrittrice americana Ottessa Moshfegh, "Il mio anno di riposo e oblio".

La sua protagonista, senza nome, è una bella ragazza, neolaureata, con un bel lavoro e una rendita lasciata dai genitori (entrambi deceduti) che le permette una vita economicamente tranquilla, nella caotica e pretenziosa New york dei primi anni del nuovo millennio. Un grande vuoto però la pervade e decide quindi, con la complicità di una sgangherata psichiatra, che le fornisce ogni volta quantitativi di farmaci impressionanti senza porsi troppi problemi, di prendersi un anno sabbatico e di passarlo, dormendo.

Questo avrebbe dovuto, secondo i suoi piani, allontanarla temporaneamente dal mondo circostante, fare il vuoto intorno a se, per poi rinascere con nuova linfa e forse guarire.

La Moshfegh, già indicata come una delle più promettenti scrittrici americane del momento, ha senz'altro una fervida immaginazione e senza dubbio già una grande capacità narrativa. Una combo che già con il suo primo romanzo, "Eileen", del 2015, l'ha portata a essere finalista del Booker Price e che presto leggeremo e recensiremo.

"Il mio anno di riposo e oblio" invece è stato osannato da pubblico e soprattutto dalla critica statunitense che lo ha eletto in molti casi a romanzo dell'anno. Immagino che certe prese di posizione siano decisamente operazioni di marketing molto ben riuscite, perché sinceramente tutto questo clamore non ha fatto altro che crescere l'aspettativa, e spesso non è un bene. 

Non che il romanzo non meriti attenzione e lodi ma mi sento di abbassare decisamente i toni e di non spingermi fino a questo punto; è un libro molto piacevole,  ben scritto e originale, irriverente e a tratti anche divertente, ma non c'è alcun caso editoriale.

Alcuni passaggi sono troppo ripetitivi (faccio abuso di antidepressivi, dormo, mi sveglio, vado a comprare il latte, guardo la tv, riprendo i farmaci, ridormo, mi risveglio e avanti così) e a volte pare di leggere il Glossario dei farmaci antidepressivi, ma non tutto è perduto. 

Lo consiglio come lettura non banale e interessante, senza troppe aspettative.

E' un romanzo che ricorderò per l'idea originale e la scrittura fluida e abbastanza ricercata.

E poi, alzi la mano chi non ha pensato almeno una volta nella vita di prendersi una lunga pausa dalla propria vita, andare in letargo e dormire così tanto da dimenticarsi i dolori e le ferite?

Ecco, appunto.

3,5/5 


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