Premetto che io amo Pedro Almodovar.
Premetto che io odio Pedro Almodovar.
Lo amo perché ha un linguaggio unico e personale ed è ciò che distingue gli autori dai registi; amo i suoi colori, la sua coerenza , il suo essere onesto, sfacciato, sincero e chiassoso.
Ma amo soprattutto quando non lo è, quando, in punta di piedi, mostra tutta la sua fragilità e tutto il suo grande cuore.
E lo ha fatto nel suo ultimo film, “Dolor y Gloria”, nel quale ci ha mostrato l'anima e realizzato quello che secondo me è il suo film della vita. Come “Amarcord” fu per Fellini, “Roma” per Cuaròn, “Dolor y Gloria” è per Almodovar.
Molti dei suoi lavori sono in parte autobiografici, non è una novità, ma qui il protagonista torna a essere finalmente e di nuovo Pedro (ricordiamo che ultimamente le pellicole le firmava solo come "Almodovar").
Interpretato da un eccezionale Antonio Banderas (che grazie alla sua prova vince la Palma d’Oro a Cannes), Almodovar (anche se sotto le mentite spoglie di Salvador Mallo) ci racconta il suo passato, quelle che sono state le esperienze che più lo hanno segnato e le persone che lo hanno reso quello che è, che nutrono la sua arte.
Il regista si mette a nudo raccontando le sue fragilità, i suoi problemi di salute, la perdita della madre che ancora non riesce a superare del tutto, amori passati e primi desideri. Scaturisce tutto il suo amore per il teatro, per la recitazione e per la scrittura.
Lo stesso Almodóvar ha sostenuto, nel corso della presentazione del film al Festival di Cannes, che "il tasso di autobiografia che c'è in Dolor y gloria sul fronte dei fatti è il 40 per cento, ma per quello che riguarda un livello più profondo, si tratta del 100 per cento"-
Almodóvar immerge completamente il protagonista del film, Salvador Mallo, in quelle che sono state le sue esperienze di vita realmente vissute e ne esce un film liberatorio che ribadisce il potere salvifico che il cinema ha avuto in tutta la sua vita.
Dà l'idea che oltre a noi, questo film, lo dovesse soprattutto a sé stesso.
È un’opera di grande spessore da considerarsi a tutti gli effetti un capolavoro. Un viaggio dentro l'animo di un uomo, unico e solo protagonista del film.
Ma dicevo che a volte lo odio: lo odio nel genere commedia, che meno gli si addice e troppo lontano dal mio "sense of humor"
(ma non è certo questo il caso) o quando "gioca un po' troppo in casa", non esce dai suoi soliti clichè, personaggi e situazioni. Quando, insomma, non riesce a stupirmi.
Ma tra amore e odio stavolta vince l'amore: il mio, per questo film bellissimo, e il suo, verso lo spettatore a cui affida tutto sé stesso e i suoi ricordi che sono la cosa più preziosa che ognuno di noi possiede.