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C.

non si giudica un libro dalla copertina


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“La vita è i binari. E’ i suoi stessi binari e va dove va. Si traccia un percorso da sola. Il mio percorso mi ha portato qui”.

In copertina c’è una fotografia di una delle mie artiste contemporanee preferite, Nan Goldin, famosa per i suoi progetti fotografici intimi e trasgressivi. Ha presentato la sua prima mostra, tanti anni fa, all’interno di un night club e con le sue foto ha colto il lato più intimo e malato di emarginati e reietti.

Ed è proprio dentro a un night club che lavora la protagonista del nuovo romanzo di Rachel Kushner, il MARS ROOM, o meglio, dove lavorava, perché Romy Leslie Hall, 29 anni, ora si trova su un cellulare che la sta trasferendo nella notte da un penitenziario a un altro, dove sta scontando 2 ergastoli per l’omicidio di Kurt Kennedy. Kurt è un reduce del Vietnam, ossessionato dalla giovane ballerina che perseguiterà fino a provocare il tragico epilogo che condannerà lui alla morte e lei al carcere.

Il libro segue la vita di Romy ma non solo, anche quella di altre detenute, di Kurt e di Gordon, un insegnante che viene trasferito per lavoro proprio nel penitenziario dove Romy sta scontando la pena.

La Kushner, come la Goldin, ci accompagna in ambienti poveri e malfamati, tra prostitute, drogati e malviventi, tra quegli esseri umani considerati gli scarti della società e poi in prigione, dove li ritroviamo fare i conti con ciò che hanno fatto.

Ci racconta la storia di una ragazza dal destino già segnato che uccide l’uomo che la ossessiona e con lui ogni possibilità di una vita per lo meno normale.

Lei come le altre, tutte donne che non hanno sogni infranti ma solo perché non hanno mai avuto il lusso di poter sognare, hanno reagito a ciò che la vita gli ha messo davanti, alle crudeltà subite, alla sfortuna cercando di cavarsela, prendendo ciò che gli capitava.

Finita davanti alla giustizia senza neppure la possibilità di potersi difendere e condannata già dall'inizio a un centro di riabilitazione che di riabilitativo ha solo la "R".

“In ogni instante devi dare l’impressione di non riuscire a vivere con te stessa dopo quello che hai fatto.

Non puoi sembrare annoiata, affamata o stanca.

Puoi sembrare solo inesorabilmente colpevole, e così forse apparirai un po’ meno colpevole”

Un romanzo cupo, carnale, profondamente umano e di una bellezza struggente e spietata che accappona la pelle.

Il libro è stato candidato al The Man Booker Prize e al National Book Critics Circle Award per la narrativa, due dei premi più prestigiosi della letteratura internazionale. Non ha vinto nessuno dei due ma sicuramente le candidature consacrano la Kushner come una grandissima autrice e il libro come il suo capolavoro.

Non per niente è stato salutato come il romanzo americano più importante dell'anno, una riflessione sulle prigioni della mente e quelle della società, sulla violenza della giustizia e l'ingiustizia del desiderio.

"Gli ho dato la vita. E’ dare molto. E’ il contrario di niente. E il contrario di niente non è qualcosa. E’ tutto"

5/5


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