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C.

non si giudica un libro dalla copertina


Ho avuto la fortuna di leggere Vangelo Yankee durante un viaggio on-the-road negli USA perché Vangelo Yankee è un viaggio on-the-road negli USA. Ma è anche molto di più. Il libro ha una struttura curiosa e intrigante, è scritto a ritroso (il primo capitolo è l’ultimo in ordine cronologico) e la storia prende corpo e senso più ci si avvicina alla conclusione che è inizio e fine al contempo. Ogni capitolo aggiunge un personaggio, reale o surreale, che si andrà a legare con gli altri pian piano fino a dar vita a un intreccio geniale e a un finale commovente.

Ai personaggi “di fantasia” si aggiungono quelli dei 4 ragazzi in giro per l’America (la voce narrante, alter ego dell’autore, e i suoi 3 amici) su una Durango a noleggio che sembra una balena bianca e dalla cui autoradio esce musica che accompagna il loro viaggio e la nostra lettura. La voce narrante, apparentemente semplice testimone di quanto accade e cicerone di questo viaggio coast to coast, diventerà protagonista centrale e ci svelerà il motivo di questa avventura.

Ad ogni tappa tra Los Angeles, New York e il deserto dell’Arizona, la balena bianca si ferma, parte una canzone e comincia una storia.

Sono storie in apparenza senza alcun filo logico, storie malinconiche e a tratti divertenti che conducono il lettore attraverso una via crucis a ritroso. Un libro che non racconta l’America reale ma quel luogo ideale che noi tutti pensiamo di conoscere o abbiamo idealizzato, con la sua grandiosità e le sue grandi stramberie, così come lo sono i personaggi: cactus armati, cartelli stradali parlanti, prostitute, pescatori, gangster, musicisti jazz e detective privati.

"Avevamo percepito quell'angolo di America attraverso uno schermo sintonizzato male.

Una cosa è la realtà, una cosa sono gli schermi, i film, le serie tv, tutto ciò che non può vivere di banalità

e piatta vita quotidiana."

Nicolò Gianelli, giovane scrittore modenese, morto suicida nel 2015 ha scritto questo libro prima di morire e all’interno di questo c’è tanta morte ma altrettanta vita.

Non è facile affrontare un libro postumo di uno scrittore suicida, volente o nolente questa cosa ti si appiccica addosso mentre leggi e diventa difficile anche scriverne. Non si può evitare di cercare nel libro dei messaggi o quella sorta di morale, di lascito, che ti aiuti a capire l'anima dello scrittore. Io forse l'ho trovata in questa frase:

"I vivi vivono. I morti muoiono. I morti ripartono da capo ogni mattino, con una pistola nel cassetto, una boccia di veleno nella dispensa, una nave da comandare. Un morto non conosce il motivo del suo continuo morire, così come un vivo non conosce il significato del suo continuo vivere. Semplicemente "si tiene in morte", come un vivo si tiene in vita."

Il libro è intriso di malinconia ma c’è anche spensieratezza, giovinezza e sicuramente tanto, tanto talento.

Non è un diario di viaggio, forse è un romanzo di formazione, chissà.

Sicuramente è difficilmente catalogabile, come lo sono del resto i grandi libri.

4/5


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