“Di solito gli uomini non sanno vivere, non hanno nessuna vera familiarità con la vita, non si sentono mai del tutto a proprio agio, perciò perseguono progetti diversi, più o meno ambiziosi, più o meno grandiosi, dipende, e ovviamente di solito falliscono e arrivano alla conclusione che avrebbero fatto meglio, molto semplicemente, a vivere, ma di solito, anche lì, è troppo tardi.”
Qualche giorno fa, prima di iniziare a scrivere la recensione di Serotonina, sono felicemente incappata nel bellissimo articolo di Rivista Studio firmato Cristiano de Majo dal titolo “La fine di Michel Houellebecq” (leggetelo qui).
Anticipo questo solo per dire che più o meno Cristiano ha detto tutto, lo ha fatto benissimo e io, con davanti questo foglio bianco…cosa posso dire di più? E con quali parole?
Come sempre io ci provo, voi abbiate pietà di me.
Non ci sarebbe bisogno di ricordare chi è Michel Houellebecq: incredibile personaggio, scrittore e mente del nostro secolo.
Autore visionario ed estremo, colui che ha partorito "Piattaforma", "Sottomissione" e il più conosciuto "Le particelle elementari".
"Serotonina", il giorno stesso dell'uscita è andato esaurito in TUTTE le librerie di Parigi (che non devono essere poche) e questo ci dà un'idea del seguito che vanta lo scrittore a casa sua (e anche del gap culturale Francia-Italia, ma questo è un altro discorso). Chiariamoci, se ne sta parlando molto anche qui da noi, dove un "sold out" in libreria non s'è mai visto se non forse per il libro di barzellette di Totti, figuriamoci per un intellettuale di sinistra che spara a zero sulle religioni, descrive amplessi tra donna e cani o scene di pedofilia.
Ma Houellebcq ci piace perché fa parte di quegli scrittori che amiamo e odiamo allo stesso tempo e per lo stesso motivo: raccontano storie disturbanti che ci mettono a nudo e ci costringono a guardarci allo specchio anche se quello che vediamo non ci piace affatto.
In questo suo ultimo libro, quello che si potrebbe definire un romanzo di conclusione, lo scrittore fa uso della sua solita e da me adorata irriverenza per raccontarci in prima persona l’incalzante depressione che affligge Florent-Claude, 46enne funzionario del ministero dell’Agricoltura e la sua dipendenza da Captorix da cui è reso impotente ma grazie al quale riesce ad affrontare la vita.
In un susseguirsi di situazioni forzate, tragicomiche e spudorate Florent ricorda il suo passato, scappa dal suo presente e accetta il suo futuro.
Un libro ipnotico che si fatica ad abbandonare, serrato, lirico e a tratti "scandaloso" che è al contempo romanzo d'amore, politico e filosofico. Stra-colmo di riflessioni sulla vita e la morte, sulla società, sulla psiche umana e sui rapporti interpersonali, il volume si piazza là, su quella libreria di libri "unici", quelli che non si dimenticano facilmente, quelli che lasciano il segno.
Perché Houllebecq lo lascia sempre e comunque, sulla nostra pelle che riesce a fare accapponare tutte le volte portandoci quasi al disgusto ma anche sulle nostre menti che prova a smuovere e forse addirittura a elevare.
Il nome Houllebecq sta ormai a definire un genere più che uno scrittore e per questo ogni suo libro è un po' sempre lo stesso libro. Un pregio o un difetto?
Chissà... personalmente spero in un evoluzione dello scrittore in qualcosa di nuovo, come tematiche e struttura, forse arrivato a dire "tutto" con questo suo ultimo lavoro.
“A ucciderti non è il futuro bensì il passato, che torna, ti tormenta, ti scava ed effettivamente finisce per ucciderti.”
4/5