Ci risiamo.
Annie Ernaux.
Eccola di nuovo che per l'ennesima volta mi presenta un conto da pagare.
Si tratta sempre di una strana forma di romanzo autobiografico. Si tratta sempre della sua vita, che alla fine diventa la nostra.
Con la solita forma che appare fredda e distaccata, ripercorre un periodo della sua vita, il 1952, anno in cui successe un evento familiare grave che segnò per sempre la sua vita. Che fece da spartiacque tra la sua infanzia e la turbolenta adolescenza.
Un episodio che le fece provare per la prima volta un grave senso di vergogna e che per tanti anni non ha mai raccontato a nessuno e nemmeno ha avuto la forza di scrivere nel suo diario personale.
La scena indicibile che fece nascere in lei questo sentimento, è una lite violenta che vede protagonista il padre, che in un eccesso di rabbia ha l'impulso di uccidere la madre.
Come nei suoi precedenti lavori, anche in questo la Ernaux parte da questo evento per raccontarci esattamente quel periodo storico, la sua piccola comunità conformista e provinciale (un piccolo borgo della Normandia), le regole a cui doveva sottostare, i codici della religione cattolica da cui non poteva esimersi e tutto quanto ruotava intorno alla sua gente, la più indigente del quartiere.
"Mettere a nudo le regole del mondo dei miei dodici anni mi restituisce per qualche istante l'inafferrabile pesantezza. la sensazione di chiusura che avverto nei sogni. Le parole che ritrovo sono opache, rocce impossibili da smuovere. Prive di immagini precise. Prive persino di senso."
Leggere la Ernaux è come fare una seduta dal terapeuta. Raccontando della sua vita, ti costringe a ripercorrere la tua e ad affrontare e a dare voce a momenti che avevi rimosso, creduto di aver superato o più banalmente non pensavi di dover analizzare.
Non so se produce lo stesso effetto su tutti, ma su di me senz'altro è così. Forse per una forma di empatia o, meglio, per la sua grande capacità di connessione con il lettore.
Chi non ha mai vissuto un momento della propria vita, più facilmente della propria infanzia, in cui ha provato un grande senso di vergogna? Ecco, lei ce lo racconta con le giuste parole, lucide e precise, e ci fa rivivere quel momento in cui anche per noi è stato lo stesso.
Una grande, immensa capacità di coinvolgere il lettore riuscendo a toccare le corde giuste, quelle più intime.
"Quel che mi importa [...] è ritrovare le parole attraverso le quali pensavo me stessa e il mondo circostante. Stabilire ciò che per me era normale e ciò che era inammissibile, persino inimmaginabile”
Questo è l'ultimo libro uscito da L'Orma Editore ma si tratta in realtà di una ripubblicazione di un romanzo datato 1996. Non importa quando è stato scritto, l'importante è che ancora una volta ci abbia regalato momenti di riflessione e di grande letteratura.
"Nella vergogna c'è questo: la sensazione che possa accaderci qualsiasi cosa, che non ci sia scampo, che alla vergogna possa seguire soltanto una vergogna ancora maggiore." perché "La vergogna non è altro che ripetizione e accumulo"
4/5