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  • Thebloodyisland

non si giudica un libro dalla copertina


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Cara Miriam,

siamo tue fedeli e appassionate lettrici dal momento in cui, alcuni anni fa, abbiamo trovato per caso in una libreria "I miei piccoli dispiaceri" come libro consigliato. Libro che è poi diventato uno dei nostri preferiti e che abbiamo a nostra volta consigliato e prestato fino alla noia. Da quel momento abbiamo letto tutto ciò che hai scritto e attendiamo con fiducia ogni tuo nuovo lavoro.

E così è stato anche per "Donne che parlano", iniziato con molto entusiasmo ma terminato con un po' di delusione.

Delusione non causata dalla tua scrittura ma forse dalla struttura e forma stessa del libro.

Ma partiamo dall'inizio, il fatto realmente accaduto e a cui ti sei ispirata:

"Tra il 2005 e il 2009, in Bolivia, in una remota colonia mennonita chiamata Manitoba - a molte ragazze e donne capitava di svegliarsi tutte doloranti e con un senso di sonnolenza, il corpo sanguinante e coperto di lividi. Le violenze erano imputate a fantasmi e demoni-...-altri ancora credevano fossero frutto della sfrenata immaginazione femminile. Alla fine si scoprì che otto uomini ricorrevano a un anestetico per rendere incoscienti le vittime e stuprarle."

Questi uomini vengono condannati ma a breve usciranno su cauzione e le donne hanno 48 ore per decidere cosa fare.

1. Non fare nulla

2. Restare e combattere

3. Andarsene

Il libro parte da qui.

L'incipit è una bomba e metti in scena una situazione a dir poco intrigante: le vittime, donne giovani e anziane, riunite di nascosto in un vecchio fienile con un unico uomo che dovrà trascrivere tutto ciò che viene detto e deciso. Sì, perché le donne non sanno leggere, non possono studiare. Questo uomo è August Epp, tornato nella comunità dopo anni di esilio.

Il libro è quindi la trascrizione che August fa di questi due lunghi e decisivi giorni.

E forse sta proprio qui il "difetto", se così possiamo definirlo.

La trascrizione, in quanto tale, didascalica e abbastanza fredda rende tutto poco emozionale e un po' noioso. August riesce ad arrivare al cuore solo quando esce dalla descrizione dei fatti e si lascia andare a pensieri su Ona, una delle donne, di cui è segretamente innamorato.

La storia vera ha dell'incredibile e per fortuna che ci sei tu, che sai bene cosa significhi essere donna e crescere in una comunità fondamentalista, a raccontare queste realtà apparentemente così lontane, nel tempo e nello spazio ma che non lo sono affatto.

Parliamo di poco più di 10 anni fa. Di donne che non possono studiare. A cui è vietato leggere. Tutto quello che conoscono e a cui devono credere è la "verità" raccontata dagli uomini.

Quando si dice che la realtà supera la fantasia.

Le donne che descrivi partono vittime e ragionano da vittime ma pian piano, "parlando", metteranno in discussione tutto ciò che è la loro società e ciò in cui credono.

"Siamo donne senza voce, afferma Ona, pacata. Siamo donne fuori dal tempo e dallo spazio, non parliamo nemmeno la lingua del paese in cui viviamo. Siamo mennonite senza una patria. Non abbiamo niente a cui tornare, a Molotschna perfino le bestie sono più tutelate di noi. Tutto quello che abbiamo sono i nostri sogni - per forza che siamo sognatrici."

Come sempre quando parli di donne riesci a tirarne fuori l'essenza, a descrivere quel filo sottile che le lega tutte.

Che CI lega tutte.

Ci riesci con un'immagine, in questo caso diventata anche la copertina del libro, di due ragazze che creano un'unica treccia legando i capelli dell'una con quelli dell'altra. Diventando l'una, l'altra.

Unite nel dolore, nella speranza, nella paura del futuro ma in grado di sorreggersi a vicenda e insieme, consapevoli, di camminare verso la libertà.

Questo libro non ci ha commosse come gli altri, non ci ha trasmesso la stessa intensità ma quello che riesci sempre a fare è ammirevole e indispensabile: dare voce a tutte quelle donne che non sono state fortunate, che non hanno avuto il coraggio e le parole per poter uscire dai loro incubi.

Tue per sempre (lo stesso)

S & C

3/5


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