Da molto tempo volevo leggere qualcosa di Marco Balzano.
Esattamente dai tempi di " L'ultimo arrivato", vincitore del Premio Campiello nel 2015.
Quando poi è uscito il suo ultimo romanzo "Resto qui", pochi mesi fa, arrivato secondo al Premio Strega, ho pensato fosse giunta l'ora.
Non è tanto una questione di premi vinti, ma insomma, effettivamente il ragazzo è tenuto in massima considerazione da molta critica e poi due indizi fanno una prova!
E infatti, lo posso ormai confermare, Balzano è proprio bravo.
Devo ammettere che anche la copertina ha fatto il suo. Il campanile che spunta dalle acqua di un lago ha subito attirato la mia attenzione e acceso la mia curiosità.
In effetti la storia che ci racconta riguarda proprio quel campanile, che è solo la punta di un iceberg, il campanile di un paese, Curon, nella Val Venosta, sommerso, spostato qualche miglia più in alto, per costruire una grande diga per lo sfruttamento dell'energia idroelettrica. Una storia italiana a me completamente sconosciuta.
Siamo negli anni cinquanta, e un paese nel quale hanno vissute persone e si sono dispiegate vite, semplicemente sparisce.
La storia che ci racconta Balzano pero' non è solo questa. La trama è molto più articolata.
La vera protagonista è una donna, Trina, con la sua famiglia, alle prese con la guerra, la resistenza, il dolore e l'abbandono.
Resistenza a difesa delle radici, e resistenza di fronte a un sopruso, che si tratti del fascismo o del progresso.
E' scritto in prima persona femminile, in forma di diario. Trina scrive alla figlia, che ha deciso in giovane età di abbandonare la sua famiglia e sparire per sempre con gli zii, e gli racconta la sua vita, dal momento della sua scomparsa. Tutte le vicende vissute, i dolori, le paure, la mancanza e la resistenza. Lei e la sua famiglia decidono di rimanere nel loro paese natio e combattere contro ogni forma di sopruso e di violenza.
La scrittura è molto asciutta ed essenziale e questi solitamente sono aspetti che apprezzo molto ma qui in alcuni casi toglie un po' di emozione e lascia sospesi alcuni personaggi, senza indagare, perdendoli per strada. Qualche approfondimento in più avrebbe giovato alla trama che rimane comunque molto scorrevole e piacevole, pulita e mai pretenziosa.
Il fatto che sia un uomo a scrivere in prima persona femminile non è stato disturbante. Credo che sia sempre molto difficile per uno scrittore mettersi nei panni dell'altro sesso, ma qui è tutto molto azzeccato. Ambizioso certo, ma credibile.
Il personaggio di Trina è volutamente distaccato, un po' freddo ed è questo che farebbe pensare ad una scrittura più di stampo maschile ma considerando i tempi e i luoghi direi che ci possa stare.
3,5/5