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C.

non si giudica un libro dalla copertina


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"Non ho ucciso mio padre, ma certe volte mi sembra quasi di avergli dato una mano a morire."

Questo è l'incipit di "Il giardino di Cemento" di Ian Mc Ewan e a parlare è Jack, ragazzino foruncoloso, sporco e irascibile.

Jack sta aiutando il padre nella costruzione del "giardino di cemento", progetto del padre costantemente incompiuto, quando si allontana per chiudersi in bagno a masturbarsi. Al suo ritorno trova il padre riverso a terra, con il volto immerso nel cemento fresco e rimane lì, immobile, a guardarlo. Completamente distaccato.

Jack è il secondo di 4 fratelli, c'è la sorella maggiore Julie (17 anni), Sue (13 anni) ed il piccolo Tom (6 anni); dopo la morte del padre la madre si ammala e dopo una lunga degenza a letto muore anche lei lasciando i 4 figli orfani.

I ragazzi decideranno di "nascondere" la morte della madre e vivere in completa libertà e autonomia in quella casa di periferia che trasuda solitudine, tra ruderi e nuovi grattacieli, circondati da quel giardino incompiuto e senza la guida di nessun adulto.

Il caldo torrido avvolge e fiacca i personaggi e il cemento, attraverso le sue crepe, lascia intravedere ciò che dovrebbe nascondere e l’atmosfera si fa cupa e angosciosa. Il tempo è sospeso e i ragazzi sono come sprofondati in una letargia che rende inconsapevoli i pensieri, le parole e le azioni. Non si rendono neppure conto di avere ricostituito un surrogato di nucleo familiare, in cui i due fratelli maggiori giocano a fare papà e mamma in una famiglia però senza una guida e dei veri valori. L'incoscienza e l’incapacità di discernere ciò che è bene da ciò che è male li porterà a superare un limite moralmente inviolabile e a un epilogo inevitabile.

McEwan, re indiscusso della scrittura riesce a racchiudere in poco più di 150 pagine un universo di riflessioni e spunti e, con la sua solita maestria, a creare una realtà sadica ed estrema, in equilibrio tra crudeltà e tenerezza e a mettere a nudo, come sempre, paure e desideri nascosti. Gioca con la morbosità insita in noi, ti fa sperare per questi ragazzi persi, figli di una "cattività" famigliare segnata da una profonda perversione.

4/5


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