
Mi era già capitato, qualche tempo fa, di leggere di questa splendida scrittrice scozzese, nata ad Inverness nel 1962.
Avevo letto che era considerata la più grande scrittrice inglese contemporanea e che nomi eccellenti come Zadie Smith, il nobel Ishiguro e altri, in questa ipotetica classifica, le stavano rispettosamente dietro.
Quindi, appena ho letto dell'uscita di "Autunno" ho preso la balla al balzo e ho subito pensato di mettermi in pari.
Ora, io non so bene come posizionarla e in fondo non è importante, ma devo ammettere che da molto tempo non leggevo una prosa che esprimesse tutto questo talento.
"Autunno" è il primo romanzo di una quadrilogia delle stagioni che da molto tempo Ali Smith pensava di scrivere e alla prima occasione (l'Inghilterra post Brexit) in poco tempo ha buttato giù questa storia per raccontarci cosa ne pensa.
Le sue considerazioni tra presente e passato mascherate con un espediente che è la storia di una amicizia tra una trentenne e un ultra centenario.
Lui, Daniel, il suo "strano" vicino di casa, è stato per tanti anni il suo baby sitter, il suo tutore, colui che le ha insegnato l'amore per l'arte e per la lettura. Un uomo che già poteva essere suo nonno data la grande differenza di età, al quale è sempre rimasta legata e che non dimentica, nel momento in cui lui, ultracentenario, se ne sta in un letto di ospedale, ormai prossimo al trapasso.
Elizabeth, ora lavoratrice con contratto a progetto presso un'Università di Londra, torna al Paese, dove abita ancora la madre, per stargli vicino, per stringergli la mano e ripercorrere i momenti passati insieme. Pensa con nostalgia a quando lui l'accoglieva sempre con la domanda "Che cosa stai leggendo?" o a quando gli fece scoprire la passione per Pauline Boty, artista della pop art britannica, divenuta poi oggetto dei suoi studi.
"E' possibile innamorarsi, disse, non di una persona, ma dei suoi occhi. Nel senso, del modo in cui due occhi che non sono i tuoi ti permettono di vedere dove sei, chi sei."
In effetti la trama non è molto importante quanto la sua scrittura che è un esercizio di stile, un modo per raccontarci in maniera anche ironica, le sensazioni sue e del popolo inglese, spaccato in due dal voto della Brexit. Avrebbe dovuto essere un instant book, nato sull'onda del momento ma ne è uscito un romanzo ricco di spunti che le ha fatto guadagnare una nomination al Man Booker Prize.
La prima sensazione, iniziando il primo capitolo è stata di smarrimento; mi sono trovata di fronte una situazione surreale nel quale non capivo chi parlasse, con chi e di cosa...insomma mi sono subito scoraggiata. Ma poi si intuiscono le intenzioni e il romanzo scorre leggero e arioso lasciando sensazioni meravigliose.
"Non fa niente se dimentichiamo, Le disse. E' un bene, anzi. A volte certe cose è meglio dimenticarle. Dimenticare è importante. Lo facciamo apposta.Così riusciamo a riposarci un po'. Mi ascolti? Dobbiamo dimenticare. Altrimenti non dormiremmo mai più."
Rimango in trepida attesa della prossima stagione ("Winter" è già uscito in Inghilterra).
4.5/5