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C.

non si giudica un libro dalla copertina


“Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dire che i razzisti non sono dei mostri. Sono persone con famiglie amorevoli, gente normale che paga le tasse. Bisognerebbe dare a qualcuno il compito di decidere chi è razzista e chi no.

O forse è ora di rottamare la parola «razzista». Di trovare qualcosa di nuovo.

Come, ad esempio, «sindrome da disordine razziale».

E potremmo avere gradazioni diverse per chi ne soffre: lieve, media e acuta.”

Come tutti i lettori accaniti, amo regalare libri, li regalo anche a chi so che non legge molto, o addirittura per niente.

Lo scorso Natale ad alcuni amici e colleghi ho regalato “Dovremmo essere tutti femminsiti”, il saggio tratto dal discorso che Chimamanda Ngozi Adichie (una delle più brillanti scrittrici nigeriane del nostro tempo) tenne a un TEDx di Austin nel 2012 e che, quando lo lessi, mi lasciò senza parole.

Per chi non l’avesse letto, si deve fidare se lo definisco il manifesto del “nuovo femminismo”.

"Americanah", terzo romanzo della scrittrice (che nel 2013 le ha fatto vincere il National Book Critics Circle Award ), si può considerare il manifesto dell’anti-razzismo.

Da troppi mesi ha aspettato sul mio Kindle e per troppe volte ne ho rimandato la lettura preferendo sempre qualcos’altro. L’avessi letto prima, e riletto e riletto.

Un libro perfetto.

La vicenda narrata copre tre continenti, si estende per diversi decenni e segue le vite parallele di due personaggi: Ifemelu, ragazza acuta, schietta e sensibile (un personaggio chiaramente autobiografico) e Obinze, l’uomo di cui Ifemelu è innamorata.

Ifemelu, nata e cresciuta in Nigeria, si trasferisce, non senza difficoltà, in America per proseguire gli studi e lì, quasi senza volerlo, diventerà una famosa blogger (il libro accoglie al suo interno i post del suo blog dal nome “Razzabuglio, o varie osservazioni sui Neri Americani (un tempo noti come negri) da parte di una Nera Non Americana.” che sono una vera, vera meraviglia).

Avrà grandi amori e amicizie ma non riuscirà a dimenticare l’unico vero amore della sua vita, ancora in Nigeria.

"Capivano tutti la fuga dalla guerra, dal tipo di povertà che distruggeva l’animo umano, ma non avrebbero capito il bisogno di scappare dall’opprimente letargia dell’assenza di scelta. Non avrebbero capito perché persone come lui, cresciute con cibo e acqua abbondanti ma impantanate nell’insoddisfazione, abituate fin dalla nascita a guardare altrove, da sempre convinte che la vita vera fosse altrove, ora fossero decise a fare cose pericolose, illegali, come partire; nessuno di loro moriva di fame, o subiva violenze, o veniva da villaggi bruciati, ma aveva semplicemente sete di scelte, di certezze."

Questo romanzo capillare intreccia generi diversi: la struttura è quella del romanzo di formazione che però si contamina con le forme dell’autobiografia e del saggismo. La storia si snoda in una alternarsi di tempi e di luoghi, continuamente inframmezzata da flashback, seguendo il filo delle vite dei due protagonisti.

Un libro di oltre 500 pagine che non annoia MAI. Non c’è una pagina di troppo, una frase di troppo. Per quanto mi riguarda, sarebbe potuto durare altre 500, se scritte così... e sarebbero state tutte da sottolineare.

Un libro travestito da romanzo sentimentale ma che è molto ma molto di più.

Americanah è una satira sociale, un saggio sul razzismo analizzato e sviscerato in tutte le sue sfumature.

Sul concetto di razza, sul significato di “negro” e “bianco”.

Un’analisi acutissima, a tratti divertente o commovente, schietta e cristallina sull’essere Afro-americani o Neri Non americani in America, sull’ipocrisia occidentale e su quanto alla fine…sia sempre e solo questione del colore della pelle.

"E comunque, perché dobbiamo parlare sempre di razza? Non possiamo considerarci solo esseri umani? – ...

– È proprio questo il privilegio bianco, che tu possa dire una frase del genere. La razza non esiste perché per te non è mai stata un ostacolo. I neri questa scelta non ce l’hanno. Il ragazzo nero per strada a New York non vuole pensare alla razza, finché non prova a fermare un taxi, e non vuole pensare alla razza quando guida la sua Mercedes sotto il limite di velocità, finché un poliziotto non lo ferma lo stesso"

Questo libro è colmo di spunti di riflessione e ci porta a considerare la mentalità di noi europei (o in generale occidentali) nei confronti di tutti gli immigrati e di una generale abitudine nell'incoraggiare disuguaglianze di qualunque tipo, sotto varie forme. Per non parlare degli stereotipi che abbiamo su paesi che non conosciamo affatto e delle banalità di cui ci riempiamo la bocca.

Se proprio devo trovare difetti, un piccolo calo nel finale, forse un po' veloce e scontato ma che non va a minare la bellezza di un libro che senza ombra di dubbio regalerò.

“La soluzione più semplice al problema della razza in America? L’amore romantico.

Non l’amicizia. Non quel tipo di amore sicuro e vuoto il cui obiettivo è che entrambe le persone siano a loro agio.

Ma piuttosto il vero amore romantico e profondo, quel tipo di amore che ti piega e ti contorce e ti fa respirare con le narici della persona amata. E siccome l’amore romantico e profondo è cosí raro, e siccome la società americana è fatta in modo da renderlo ancora più raro tra neri americani e bianchi americani, il problema della razza in America non si risolverà mai.”

5/5

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