Io ho senz'altro un problema con gli autori giapponesi. O forse fino ad ora non ho trovato quello che fa per me.
Matsumoto Seicho, autore di "Tokyo Express", non fa per me.
Scritto per la prima volta nel 1958, arriva in Italia grazie alla pubblicazione di Adelphi.
Si tratta di un noir poliziesco che si sviluppa attraverso le quattro maggiori isole del Giappone.
Io mi ci sono messa con tutto l'attenzione possibile, ma il primo ostacolo è arrivato subito,e di tipo logistico.
La cartina del Giappone, indispensabile per la comprensione di tutto l'intreccio, è stata posizionata nella quarta di copertina. Avendolo io letto su kindle, praticamente è posizionata al 98% , non proprio praticissima.
Una volta superato il dramma cartina, è subentrato quello relativo alla ripetitività degli orari dei treni. Pagine e pagine e dico pagine, ripetute come un mantra, per capire a che ora doveva partire Tizio da lì, per arrivare quattro minuti dopo di là e trovarsi poi con Caio, a quell'ora lì, precisa, in quel posto là. Insomma pagine fitte di luoghi e orari e di vera noia.
Se a tutto questo si aggiunge che la storia in sé non è nemmeno così intrigante ed originale come ne avevo letto, capite che la mia delusione è piuttosto evidente.
Ma passiamo alla trama...
Una coppia di ragazzi vengono trovati morti su una spiaggia. Il colorito roseo e la posizione dei due fa subito pensare ad un suicidio d'amore, ma non per l'investigatore Torigai, che da alcuni particolari percepisce ci sia altro su cui indagare.
Da qui parte l'intreccio, il giallo, basato completamente su orari, treni, puntualità e distanze.
Certamente un romanzo con queste caratteristiche avrebbe potuto scriverlo solamente un giapponese e io ho cercato di calarmi nelle situazioni e in un mondo così diverso dal nostro. Un mondo che non conosce ritardi, per esempio; ma pur essendo molto amante della puntualità, tanto da considerarmi intransigente e maniacale, questa mia caratteristica non è servita a farmi appassionare a questo romanzo, che ho trovato ossessivo nella ripetitività di certe situazioni ma soprattutto poco interessante.
Ho anche cercato di andare oltre la fredda e didascalica rappresentazione degli eventi. Riportati come cronaca distaccata, lineare, senza sussulti o interessanti divagazioni; ma niente, niente più di una lettura piatta e noiosa.
Un giallo poco avvincente che è poco più di un gioco ad incastri, senza tensione. Non a caso, non troppo avanti nella trama si intuisce la soluzione al mistero; si capisce abbastanza in fretta chi sarà il colpevole, evidenziando quindi poca originalità.
Storia invece molto interessante è quella della copertina.
Si tratta della foto scattata dal fotoreporter svizzero Werner Bischof, che dopo la seconda guerra mondiale viaggiò moltissimo. In uno dei suoi viaggi più importanti, in Giappone, fece un bellissimo reportage da cui è appunto presa la foto in questione.
Un po' poco per avventurarsi nell'acquisto di questo romanzo.
Io e gli autori giapponesi: un amore mai nato.
2/5