"La mia vita era incoerente, la sentivo rabbrividire, sputare denti rotti".
Ispirata da David Foster Wallace che lo aveva inserito come lettura obbligatoria del suo corso di scrittura, ho letto "Il vestito della festa" di Paula Fox.
La mia vita di lettrice deve tanto a DFW, e questo è un grazie che si aggiunge ai tanti che gli vorrei dire, fosse ancora vivo.
Non è un romanzo, non è una autobiografia classica, è un memoir della scrittrice che narra, in maniera affettata, quasi fosse l'insieme di ricordi appuntati su un diario, la sua vita.
Nata nel 1923, Paula viene abbandonata dal padre, uno sceneggiatore di Hollywood con il debole per l’alcol, e dalla madre, starlette cubana alcolista e anaffettiva. Affidata alla nonna, la bambina passa di mano in mano e di città in città: da New York a Cuba, dal convitto di Montreal a una squallida stanza ammobiliata a San Francisco. Sopravvissuta al lato più oscuro di Hollywood, tra veloci apparizioni di attori famosi (Buster Keaton, John Wayne, Harpo Marx), educata alla vita da zio Elwood, un pastore protestante, l'unica persona a cui si legherà davvero e da cui viene "strappata", si sposerà a diciassette anni con un marinaio aspirante attore. Avrà una figlia che darà a sua volta in adozione e che rincontrerà molti anni dopo. Un incontro a cui la Fox dedica un capitolo meraviglioso.
(una curiosità: sua figlia è la madre di Courtney Love)
Una lettura non facile in quanto slegata e scattosa, un susseguirsi di memorie e impressioni che seguono una logica temporale ma che lasciano il lettore al buio su molti anni della sua vita.
Frasi taglienti e incisive che raccontano un'esistenza al limite, la storia di una bambina cresciuta senza una vera guida, praticamente abbandonata a se stessa o in balia di adulti irresponsabili. Un libro toccante, ancora di più per il fatto di essere vero.
Una riflessione sui danni che certi rapporti possono provocare in un essere umano e di come certi sbagli si tramandino, quasi fossero parte del nostro DNA.
"Il vestito della festa" è il ritratto di un’ infanzia alla deriva, la delicata testimonianza di quanto poco, in fondo, ha bisogno un bambino per sopravvivere e dell'inadeguatezza di molti adulti.
Capisco perché David lo giudicasse un libro "da studiare": la Fox riesce con un semplice aggettivo o metafora a rendere in maniera originale e incisiva concetti astratti o difficilmente descrivibili.
Un istinto e talento nell'uso di toni e parole che solo i grandi scrittori dimostrano di avere.
"Pensai a come la fama di un uomo trasforma in mendicanti tutti coloro che lo circondano"
...
"Avevo perso l'ultimo privilegio di una figlia: non riuscivo a piangere mia madre."
3,5/5