La prima cosa che voglio fare è chiedere scusa alla persona che mi ha consigliato questo libro, ormai qualche mese fa.
Non so bene per quale diavolo di motivo l'ho lasciato a prender polvere sul comodino per tutto questo tempo.
ERRORE. Il libro meritava tutta la mia attenzione e il mio interesse.
Era da leggere subito e poi da comprare e poi consigliare e poi prestare. Tutte cose che farò.
Edna O'Brien, scrittrice irlandese di 87 anni, giunta al suo 17esimo romanzo, che prima non conoscevo affatto si è rivelata una grande autrice che ho scoperto essere disarmante.
Anche il significato del titolo lo è: "Tante piccole sedie rosse". Nel 2012 furono poste undicimilacinquecentoquarantuno sedie rosse nella via principale di Sarajevo per commemorare le vittime dei cecchini durante la guerra e seicentoquarantatre di queste sedie erano di dimensioni più piccole, a rappresentare bambini uccisi. Agghiacciante.
Ho pensato che mi sarei messa nei pasticci, leggendo un libro che mi avrebbe fatto soffrire moltissimo.
In effetti è stato così per certi versi, ma per altri è stata una piacevole sorpresa.
Un libro intenso e feroce ma bellissimo.
Storia di violenza, di dolore e discriminazione. Nella prima parte ambientato nella placida e verdeggiante Irlanda dove, nella piccola comunità di Cloonoila arriva un misterioso forestiero che dice di essere un poeta, guaritore e sessuologo, con la barba lunga, bianca e un lungo cappotto nero, riuscirà a catturare l'attenzione della gente del posto e soprattutto di Fidelma che rimarrà affascinata da questo oscuro personaggio che si rivelerà portatore di un terribile segreto. Ad un certo punto dopo un inizio tutto sommato tranquillo in cui tutto scorre con tranquillità e una certa curiosità nel capire dove vuole andare a parare, il libro ti esplode letteralmente nelle mani. La narrazione si fa improvvisamente crudele e aspra e ti fa molto male.
Nella seconda parte, a seguito di eventi catastrofici, Fidelma lascerà la pacifica Irlanda per giungere nella caotica Londra e ricominciare una vita che sembrava spezzata per sempre, non senza enormi difficoltà.
L' unico neo che ho riscontrato sta proprio in questo. Le due storie raccontate, se pur con una protagonista comune, appaiono slegate e il ritmo altalenante fa perdere un po' di tensione.
Ma come detto, è un romanzo impegnativo che consiglio, perché la O'Brien, tornata al romanzo dopo dieci anni, trova le parole per dire il dolore e lo fa molto bene.
E se anche Philip Roth ne parla come di un capolavoro, io non ne discuto...mi metto lì, buona buona, e lo leggo.
4/5