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  • C.

C'è chi dice NO!


Stavolta tocca a me e a malincuore scrivere un recensione negativa.

A malincuore perché vorrei non incappare mai in "brutte" letture (e mi capita davvero di rado) che mi spiazzano sempre ponendomi in forte disagio e afflitta da dubbi del tipo: Sarò io a non aver capito? Magari non era il momento giusto, etc. etc. tanto più in questo caso in cui, a non piacermi per niente, è uno dei libri sulla bocca di tutti, addirittura considerato libro dell'anno per alcune prestigiose testate e del quale, dopo davvero tanta ricerca, non sono riuscita a trovare una recensione negativa che sia una.

Capisco che se hai un blog e scrivi recensioni non ti piace inimicarti autori o case editrici ma è anche vero che se hai un blog è per scrivere quello che pensi e non uniformarti per forza al parere comune, e io lo farò.

"Effimeri" di Andrew O'Hagan è un libro suddiviso in due parti, la prima ambientata a Glasgow nell'estate del 1986 che segue i due amici James e Tully e la loro combriccola vivere in maniera più o meno spensierata la loro giovane età in un periodo storico caldo, tra scioperi dei minatori causati dalla politica dura della Tatcher, poca speranza nel futuro ma il classico entusiasmo e voglia di vita degli adolescenti. La seconda parte è ambientata molti anni dopo, James è diventato uno scrittore di successo e riceve la telefonata del suo caro amico che gli confessa di avere un male incurabile e di stare per morire, chiedendogli un ultimo grande favore.

A questa seconda parte (a detta di tutti la più bella) lo ammetto, ci sono approdata arrancando nella noia più totale e non sono andata oltre la tanto attesa, e già preannunciata, telefonata tra i due amici. La prima parte, purtroppo, è stata micidiale; Va bene che della giovinezza bisogna raccontarne anche la leggerezza ma qui si racconta solo quella e in maniera un po' troppo leggera.

Da tutte quelle forti emozioni di cui ho tanto letto non sono stata minimamente sfiorata ma neppure da un po' di malinconia, che sarebbe stato così facile da scatenare in quelli della mia generazione che, appunto nell'86 erano adolescenti. Forse le emozioni erano tutte alla fine, chissà, ma di arrivarci non se ne parlava proprio.

Ho trovato la scrittura banale, i dialoghi decisamente troppi e poco efficaci, tanti argomenti toccati con superficialità e in maniera poco originale.

Avevo paura fosse uno di quei libri che io definisco "paraculo" ma ora dico...magari lo fosse stato! Perché una caratteristica di questa categoria è che sono libri che leggi tutto d'un fiato e qui invece la palpebra calava e la testa vagava verso storie più interessanti.

Lo so, per dare un giudizio definitivo avrei dovuto arrivare alla fine e vi assicuro che non abbandono facilmente una lettura ma la pila di libri ancora da leggere e sicuramente più meritevoli mi fissava dal comodino dicendomi:"Cri, lascia stare, gli hai già concesso troppo tempo" e così ho fatto.

Perché ai libri bisogna dar retta, a quelli belli però.

E il tempo è poco e troppo prezioso.


2/5






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