"Ci sono migliaia e migliaia di ragioni per vivere questa vita, e sono tutte sufficienti, dalla prima all’ultima."
Leggere Gilead è stato difficile ma meraviglioso.
Difficile perché, da atea, ho dovuto trovare il modo di “accettare” tutte le convinzioni cristiane di cui il libro è intriso, e arrivare a capire che sono uno strumento a cui tutti: atei e credenti, cristiani ed ebrei, musulmani o buddisti, possono attingere per provare a evolversi come singole persone.
E questo libro può davvero farlo, riuscire a migliorarci.
"Noi esseri umani facciamo veramente del male. La storia riuscirebbe a far piangere una pietra."
Il reverendo John Ames sta morendo. Non potrà crescere il figlio di soli sette anni, né educarlo, né offrirgli testimonianza di sé. Sceglie così di affidarsi a una lettera-diario, una sorta di sermone , che dica un giorno al bambino ormai adulto ciò che di suo padre è importante sapere. Gli racconterà del nonno abolizionista e del padre pacifista, delle rovine di un luogo, delle sue convinzioni e dei suoi dubbi e di quanto abbia amato questa vita, lui e sua madre.
Anche il padre e il nonno di John Ames erano reverendi ed entrambi schierati con gli abolizionisti durante la guerra di secessione.
A differenza del primo, il vecchio reverendo era però convinto che, a mali estremi, ricorrere alla violenza fosse giusto, e debellare lo schiavismo spargendo sangue, un male necessario. Su questo, tra padre e figlio – racconta John al figlio adulto del futuro – si creò un conflitto insanabile.
"Se chi sta dalla parte della ragione usa i mezzi sbagliati diventa colpevole quanto il suo avversario?
Quante volte il male lastrica il percorso delle nostre buone intenzioni senza che ce ne rendiamo conto?"
Non è l’unico dubbio sollevato in Gilead. Le angosce di John Ames riguardano ancora più il tempo a venire, specie quello in cui lui non ci sarà più. Dubbi legati al figlio che dovrà crescere senza la guida del padre.
"Pregherò perché tu diventi un uomo coraggioso in un paese coraggioso. Pregherò perché tu trovi un modo per renderti utile."
Barak Obama, durante la sua lunga campagna presidenziale lo lesse e rimase talmente scosso e catturato dal libro che volle intervistare la Robinson. Lo fece anni dopo per la New York Review of Books in un'intervista divenuta ormai celebre e in cui la scrittrice e l'allora presidente non parlano solo di letteratura ma anche di politica e soprattutto di religione.
Il momento forse più interessante dell'intervista è quando Marilynne Robinson dice che la democrazia si fonda idealmente sulla fiducia che gli esseri umani ripongono in altri esseri umani, nell’aspettativa che le persone agiscano per il bene e non per il male.
Non so voi ma a me fa venire in mente l'inizio di uno dei miei film preferiti "Basta che funzione" in cui il protagonista esprime esattamente lo stesso concetto. Ricordo che il film è di Woody Allen, ateo dichiarato e questa cosa mi ha fatto molto pensare.
Si, perché ateo e religioso sono agli opposti, per molti punti di vista, ma è solo la conclusione che traggono che è opposta, la risposta che si danno. Personalmente considero le religioni il male del mondo, non ho timore a dirlo, ma questo libro mi ha fatto pensare o cosa sia un vero pensiero religioso, coerente e obbiettivo e non quello bigotto e retrogado a cui siamo abituati.
Come, analizzando le scritture, non solo si possa vivere meglio con se stessi e con gli altri, ma anche accettare e capire chi la pensa diversamente.
Il protagonista del libro, uomo di fede è anche un grande lettore e consiglia al figlio l'opera di Ludwig Feuerbach, "L'essenza del cristianesimo", in cui l'autore effettua quella che egli stesso definisce la riduzione della teologia e della religione ad antropologia. Feuerbach diceva :"Il mio primo pensiero fu dio, il mio secondo la ragione, il mio terzo ed ultimo l'uomo" e anche
"non è dio che crea l'uomo ma è l'uomo che crea dio".
Un reverendo che legge, accetta e consiglia al figlio un testo ateo, pur crescendolo religioso e credente.
Un apparente paradosso che esprime invece una grande intelligenza, sicurezza in ciò in cui si crede, predisposizione alla riflessione e al dialogo.
Un libro che non vuole indottrinare al cristianesimo ma anzi, metterlo in discussione.
The Washington Post lo definisce: “Un viaggio spirituale che nessun lettore degno di questo nome può perdersi».
Ed è assolutamente vero, un libro imprescindibile. Profondo. Unico.
"Mi pare che ci sia di gran lunga meno meschinità nell’ateismo."
4,5/5