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C.

non si giudica un libro dalla copertina


“Le mie parole non sono solo parole.

Sono immagini e lacrime e imperfette offerte d’amore e pallottole che mi sparo in testa.”

È bello sapere che c’è un libro di Miriam Toews che mi manca, che posso ancora leggere.

Ormai me ne restano pochi e cercherò di “centellinarli” ma prima o poi finiranno lasciandomi solo la speranza che la ragazza torni presto con qualcosa di nuovo.

Pochi giorni fa, durante una feroce influenza, ho letto “Mi chiamo Irma Voth”, suo romanzo del 2012, edito da Marcos Y Marcos.

L’ambientazione è sempre la solita: la comunità mennonita dove la scrittrice è cresciuta e da cui è scappata a 18 anni.

In questo caso la protagonista si chiama Irma Voth, ha poco meno di vent’anni e vive appunto in una comunità in Messico (nata in Canada e poi trasferitasi lì con la famiglia dopo la scomparsa della sorella maggiore).

È in rotta con il padre a causa del matrimonio con un messicano, vive sola ai margini della comunità e sogna una realtà diversa.

A scombussolare la vita dei mennoniti è l’arrivo di una troupe cinematografica alle prese con un film-documentario e la vita di Irma, assodata come interprete, si trasforma in un set.

Per colpa di questa sua nuova dimensione arriverà a un punto di rottura con il padre, scorgerà per la prima volta in vita sua il mondo e, un po’ per disperazione, un po’ per spirito di sopravvivenza, deciderà di conquistarselo.

Esce dal guscio in cui è stata cresciuta e si crea un’identità, a partire dalle parole.

Le stesse parole che le sono state a lungo negate, quelle con cui sarà capace di ribaltare la sua esistenza in nome del diritto alla libertà che le spetta e alla quale non intenderà rinunciare.

Lascerà la sua vita passata scappando da tutto e portando in salvo la sorella adolescente Aggie e la neonata X.

Un terzetto strampalato e litigioso che semina guai ritrovandosi in situazioni paradossali e toccanti.

Un personaggio buffo, ingenuo, capace di battute feroci e tragicomiche, di farti ridere della tragedia come solo la Toews riesce a fare.

Un libro divertente e profondo che tocca temi come il femminismo, la libertà di espressione e l’ottusità delle organizzazioni religiose, con un’ironia che sa pungere e con l'intelligenza tipica di Miriam.

Forse non il suo libro migliore , che per me resta “I miei piccoli dispiaceri”, ma come sempre una lettura che vale la pena affrontare.

Con Miriam non è mai tempo perso. Mai.

4/5


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