Sono sempre stata una schiappa in matematica.
Mi giustificavo con il luogo comune che “bisogna esserci portati” ma devo ammettere che, trovandola difficilissima, non la studiavo per niente e chissà, sarà mica quello il vero motivo di tutti quei brutti voti?! L’ho sempre considerata una materia per secchioni o addirittura per "geni” (permettetemi il termine ma chi mi conosce sa che ne abuso spesso). Ricordo mia madre che, mentre cucinava la cena, si voltava verso me e i miei fratelli, chinati sui compiti attorno al tavolo della cucina, e chiedeva “hai finito le divisioni?" e alla risposta “sì” si avvicinava, in una mano il cucchiaio di legno e nell’altra una penna, disegnava una X sul bordo del foglio, cominciava a inserire numeri negli spazi seguendo una logica a me tuttora sconosciuta e ti diceva “bene” oppure “no, la devi rifare!” lasciandomi con la bocca spalancata e con la convinzione che mia madre fosse, appunto, un genio... o una strega.
Questo chiarisce due cose, la prima è che manco “la prova del nove” so fare e la seconda la grande facilità con cui definisco qualcuno genio.
La matematica non è quindi il mio pane e mai avrei pensato di voler così ardentemente leggere “La matematica è politica“ di Chiara Valerio.
Ma non è stata la materia ad avvicinarmi al libro quanto l’interesse per l’autrice che seguo da tempo e che trovo, ormai mi è permesso dirlo, un genio. Con questo breve ma intensissimo testo è riuscita, non solo a sfatare tanti pregiudizi e stereotipi sulla matematica e su chi la studia ma a farne metafora della politica, della democrazia e della società contemporanea.
Il libro, uscito per la collana "Vele" di Einaudi, è una piccola perla, in parte mémoire, in parte saggio, un testo profondo e intenso condito di citazioni e ricordi che sprona il lettore a riflettere sulla politica di oggi, ad accettare nuove idee e una società in continuo cambiamento.
"Democrazia e matematica da un punto di vista politico si somigliano: come tutti i processi creativi, non sopportano di non cambiare mai."
La matematica, come si legge in copertina, è stato il suo apprendistato alla rivoluzione perché le ha insegnato a diffidare di verità assolute e autorità indiscutibili. Non manca un po' di sana polemica e di frecciatine ai politici di turno in questo breve ma illuminante libriccino, che ci insegna ad aprire gli occhi, a tenerli aperti, a non pretendere di conoscere la verità, che non è mai una sola ma ad accettarne tante.
Un grande inno all'importanza della letteratura e della lettura che non solo rende colti ma "capaci di stare da soli". Un lettore, come dice, proprio perché in grado di stare da solo è politicamente complesso perché non deve essere intrattenuto.
Un libro che ho riposto nella libreria pieno di sottolineature, di cui non ho compreso a pieno tutto, ma forse per colpa di questa maledetta matematica.
"Per studiare matematica, come il resto e più del resto, bisogna solo studiare."
4/5
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