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non si giudica un libro dalla copertina


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“Se la tua vagina potesse parlare, che cosa direbbe, in due parole?”

Ieri è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e quale libro meglio di questo parla di donne e di violenza dal punto di vista delle donne stesse? "I monologhi della vagina" di Eve Ensler (letto da me con un imperdonabile e mostruoso ritardo) è uno dei testi fondamentali del femminismo moderno, nato come celebrazione delle vagine e della femminilità e poi divenuto nascita di un movimento contro la violenza sulle donne, il V-Day.

Un testo teatrale che l'autrice, e non solo lei, ha portato in giro per il mondo per anni, vinto numerosi premi e rappresentato clandestinamente dove era ed è tutt'ora vietato. Ispirandosi alla testimonianza di centinaia di donne, la Ensler ha creato questo testo alla base del quale c'è la concezione che la vagina sia per le donne non semplicemente un organo del proprio corpo, ma anche la rappresentazione della loro individualità. Attraverso diversi temi: sesso, stupro, amore, mestruazioni, mutilazione, masturbazione, nascita, orgasmo, le donne si liberano di tabù, segreti, vergogna e dolore. Con un impianto semplice, diretto, divertente e talvolta commovente, quest'opera ha spinto il pubblico femminile a concepire i propri organi genitali come soggetti degni di una storia e a rivedersi in quei racconti, intimi e a lungo taciuti ma che pian piano altre donne, di ogni età, razza e provenienza, hanno voluto raccontare in prima persona.

“La prima volta che ho messo in scena I monologhi della vagina ero certa che qualcuno mi avrebbe sparato. Perciò quando sono salita sul palco di un piccolo teatro di Manhattan mi sono sentita come se stessi attraversando una barriera invisibile, rompendo un tabù molto profondo, e poi accadde qualcosa di completamente inaspettato. Lo spettacolo venne ripreso in tutto il mondo da altre donne che volevano infrangere il silenzio sui propri corpi e sulle proprie vite all’interno della comunità di appartenenza”.

L’influenza dei monologhi, a più di 20 anni di distanza, è ancora forte e lo è stata soprattutto per l’uso esplicito della parola di cui la Ensler dice:

“Hanno cercato di censurare quella parola ovunque siano arrivati ‘I monologhi della vagina’: negli annunci sui principali quotidiani, sui biglietti venduti ai grandi magazzini, sugli striscioni appesi davanti ai teatri, nella segreteria telefonica dei botteghini dove la voce registrata diceva soltanto: ‘Monologhi’ o ‘Monologhi della V.’ E perché poi?’ chiedo. ‘Vagina non è una parola pornografica; anzi, è un termine medico, una parola che serve a indicare una parte del corpo, come gomito, mano, costola’”.

Ne "I monologhi" sono raccontate le più diverse esperienze e ogni anno viene aggiunto un monologo “spotlight”, che riguarda un tema che nei mesi precedenti ha avuto particolare risonanza nell’opinione pubblica. Un opera quindi in divenire, che non si fermerà fin quando ci saranno donne che hanno voglia di raccontare la loro esperienza ma anche e purtroppo fin quando le violenze su di esse non cesseranno.

Un libro per le donne TUTTE e per quegli uomini POCHI capaci di coglierne il senso profondo.

“Se una cosa non viene nominata, non viene vista, non esiste,”

5/5


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