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C.

non si giudica un libro dalla copertina


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"I bisogni di una società ne determinano l'etica, e nei ghetti neri d'America l'eroe è colui a cui vengono offerte solo le briciole della tavola del suo paese, ma che, con ingegnosità e coraggio, è capace di prepararsi un banchetto luculliano."

Di Maya Angelou conoscevo il mito, ciò che ha rappresentato e rappresenta tutt’ora per la comunità afro-americana, per le donne afro-americane e non solo.

Ragazza madre a 17 anni, Maya ha fatto di tutto, la tranviera, la cameriera, la cuoca, la mezzana, la prostituta, la spogliarellista, la ballerina, la cantante, ha lavorato a fianco di Malcolm X e successivamente di Martin Luther King Jr.

È autrice di sette autobiografie, libri di poesia, sceneggiature; ha ricevuto decine di premi, una nomination per il Premio Pulitzer per la poesia e ottenuto più di trenta lauree honoris causa. Nel 2011 è stata decorata con la medaglia presidenziale americana della libertà, ma in Italia quasi non la conosciamo.

Morta 4 anni fa all’età di 86 anni ha lasciato un vuoto enorme, in parte riempito per fortuna dalle sue opere.

"Io so perché canta l’uccello in gabbia" fu pubblicato quando Maya aveva 40 anni ed è la prima delle sue sette autobiografie: racconta come un carattere forte e l’amore per la letteratura possano far superare traumi e razzismo.

Maya ricorda con schiettezza e trasparenza il suo passato, dagli abusi subiti a otto anni, alla sua vita tra il profondo sud e la California, il rapporto con il fratello, l'oppressione religiosa e quella razziale. Racconta di una bambina di colore poi divenuta ragazza che cerca di trovare una propria identità e un proprio spazio in un America bianca e razzista.

Grazie alla lettura, a un intelligenza profonda e a una forza di carattere non comune, una giovane donna non solo troverà la sua strada ma diventerà simbolo e sostegno per milioni di persone.

Le memorie di Maya sono poi divenute, negli anni, lettura obbligata per le femministe americane, spingendo da una parte altre scrittrici ad aprirsi senza vergogna agli occhi del mondo e attirando, dall’altra, aspre critiche per le scene sessualmente esplicite e l’uso del linguaggio irriverente nei confronti della religione (e io per questo non posso che ammirarla anche di più).

L'Angelou non parla solo alla "sua gente", parla a tutti: ai bianchi e alla loro ipocrisia, ai giovani che si sentono spaventati e oppressi, alle vittime di abusi e alle giovani donne che pensano che il loro essere femmina sia un limite in ciò che possono fare.

Trasmette l'amore incondizionato per la lettura e la sua importanza nella formazione di una mente aperta e di un pensiero critico.

Un libro scritto molto bene, ma non è certo la scrittura il suo punto forte, scrivere a volte è un atto politico, sociale, consapevolmente o no. E lo diventa di conseguenza leggere.

Perché certe letture non allietano, non fanno passare il tempo, non sono un modo per tenersi occupati sotto l'ombrellone.

Certe letture sono indispensabili e difficili, sono un dono che persone uniche fanno a tutti; offrono la loro esperienza, il loro vissuto, il loro bagaglio di dolori ed esperienze, e tocca noi riuscire a farne tesoro.

Un libro che aiuta a crescere, qualsiasi età si abbia.

"Essere lasciati soli in bilico sulla corda dell'incoscienza giovanile significa sperimentare l'intensa bellezza della libertà assoluta e la minaccia di una perenne indecisione. Pochi sopravvivono all'adolescenza, sempre che qualcuno ci riesca.

Quasi tutti si arrendono alla pressione vaga ma micidiale esercitata dal conformismo dell'età adulta.

È più facile morire ed evitare i conflitti che sostenere una lotta costante con le forze superiori della maturità."

4/5

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