S.

20 lug 20172 min

non si giudica un libro dalla copertina

Appena uscito per Fazi Editore, "nuvole di fango", romanzo d'esordio della psicologa forense Inge Schilperoord mi ha lasciata con molti dubbi.

Una scommessa difficile, un argomento che scotta: insinuarsi dentro la mente malata di un pedofilo che cerca in tutti i modi di lottare contro le sue inumane pulsioni.

Devo dire che l'autrice è molto brava nel fare in modo che si sospenda in qualche modo il giudizio, nonostante l'orrore inevitabile che si prova. Addentrarsi nei suoi pensieri e farci vedere il mondo con i suoi occhi aiuta a trovare la giusta distanza, anche se l'argomento è di quelli che non vorresti mai ritrovarti ad affrontare. Riesce comunque nel difficile compito di farci trovare il lato umano, la debolezza che sembra impossibile vedere.

La trama: Jonathan è un pedofilo, appunto, che esce di prigione per mancanza di prove schiaccianti a suo carico. Vive una vita di solitudine in un piccolo paesino di pescatori a nord dell'Olanda con la madre, il suo cane fedele e una tinca che ha salvato da morte certa e che ora cerca di far sopravvivere nel suo acquario. La tinca, detta anche "nuvola di fango" è un pesce che d'estate si immerge nei fondali per ripararsi dal caldo, sollevando inevitabilmente nuvole di fango. Così come Jonathan, che si nasconde da tutti, spaventato, silenzioso e diffidente, cerca di muoversi il meno possibile ma quando lo fa, nuvole minacciose si scorgono all'orizzonte.

Tutto sembra andare per il meglio fino a che non incontra la piccola Elke, della casa accanto, che ha aiutato la madre durante la sua assenza, occupandosi del cane. Una bambina con genitori assenti, magra e deperita che cerca in Jonathan un'ancora di salvezza, un amico, un compagno di giochi. Da par suo Jonathan inizialmente si convince di poterla aiutare, di riuscire a superare il desiderio che gli offusca la mente e la ragione. Combatte quotidianamente con i suoi impulsi che cerca in ogni modo di reprimere.

Tutte le critiche sono ottime e senz'altro è un esordio che merita attenzione, ma io ho avuto momenti di mancanza di empatia. E anche un po' di noia, a tratti. Nella fase centrale si ripetono ossessivamente gesti e parole. I suoi esercizi di respirazione, i suoi grafici da aggiornare per migliorare l'autocontrollo, la sua ansia di commettere l'insensato gesto, la sua maniacale programmazione di ogni minuto della giornata, tutto si ripete all'infinito e con una certa lentezza. Certo, forse l'autrice ha cercato di farci capire l'ossessione di una mente deviata, che trova sollievo e sicurezza nella ripetitività dei gesti, ma io ci ho trovato poca tensione.

Nel finale ritrova vigore in un crescendo che a dispetto del resto è veloce e spiazzante.

Rimandato a settembre

«Ogni giorno quella paura tremenda, il timore perenne di non farcela più. E ciò nonostante il tempo continuava a scorrere.»

3/5

    0