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  • C.

non si giudica un libro dalla copertina


"Ovunque io vada indosso parole logore."


Ci sono gli scrittori di prosa e gli scrittori di poesia, e poi ci sono i poeti che ogni tanto scrivono romanzi.

Billy-Ray Belcourt fa parte di questa categoria e come alcuni suoi colleghi, quello che decide di scrivere in prosa, è un memoir.

In questi ultimi anni mi sono imbattuta spesso in questo tipo di scrittore e di libro, a partire da Ocean Vuong con il suo meraviglioso “Brevemente risplendiamo sulla terra” (La Nave di Teseo), fino a Naja Marie Aidt e il suo capolavoro “Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo” (Utopia).

La caratteristica comune a tutti è, ovviamente, l’unicità della forma scritta, quasi sempre un originale ibrido di entrambi i mondi.

Non è mai una scrittura facile, decisamente non scontata, nulla che si sia già letto; è come se questi scrittori non dovessero seguire regole che valgono per altri ma solo inventarne di nuove. E io ne vado matta.


Storia del mio breve corpo” (Black Coffee) è forse il più “complesso” che ho affrontato finora, un libro intriso di dolore e consapevolezza che affronta un tema molto specifico, essere un NDN queer in Canada. Ma cosa vuol dire NDN? È un’abbreviazione nata online e adottata dagli indigeni nordamericani per auto definirsi, ma utilizzato anche come acronimo di Not Dead Native, “nativo non [ancora] morto”, frutto della stereotipata rappresentazione occidentale del nativo, cioè morto o in procinto di morire, scomparire, che ne sottintende la visione presente e futura.


"Se scrivo, è perché essere NDN significa essere un concetto parlante. Vivo nel mondo delle idee perché quello è il mondo della mia gente. Se scrivo, è perché essere queer significa venerare la perdita, e che cos'è un libro se non una partita persa in partenza?"


È un libro che affronta la questione dell’identità in tutte le sue sfumature, sia rispetto al mondo che hanno costruito i “colonizzatori” e in cui la popolazione nativa cerca di sopravvivere , sia rispetto alla sua stessa comunità gay/queer. È un viaggio alla ricerca delle proprie radici ma soprattutto del proprio futuro con uno sguardo profondamente disilluso ma al contempo ottimista. Un libro astratto ma concreto, spiazzante e disturbante dove il "corpo", inteso come entità non solo fisica è il protagonista principale.

È anche un libro che racconta un paese, quel Canada ai più sconosciuto, terra da tutti ammirata, considerato una sorta di isola felice che Billy Ray non ha paura di criticare a fondo.


"Da che ho ricordo, il mondo non è mai durato più di un giorno prima di finire giù per lo scarico del gabinetto."


Ogni frase è un mondo a sé, è definitiva e produce importanti riflessioni.

Il linguaggio è molto alto, un vocabolario che solo i poeti o i grandi pensatori riescono a partorire.


Un libro-testimonianza atipico, che non assomiglia a nulla se non a chi lo ha generato.

...ma non dovrebbero essere tutti così i memoir?


4/5

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