Quanto ci dispiace scrivere una recensione negativa per Ferzan Ozpetek!!! Davvero tanto.
Ma questa volta, caro Ferzan, per noi è un no. E più ci pensiamo più il NO diventa grande.
"Napoli velata" è noioso, prevedibile, con dialoghi imbarazzanti e con una recitazione troppo teatrale e retorica.
Le poche note positive ce le tiriamo via in un attimo: una splendida fotografia ad esaltare una altrettanto splendida città, Napoli e
infine (sì, sono già finite), la scena iniziale di sesso tra Alessandro Borghi e Giovanna Mezzogiorno, gli attori protagonisti.
I due non si risparmiano e ci regalano un momento erotico piuttosto incandescente, senza veli e abbastanza esplicito.
Diciamo pure che se avete intenzione di andare al cinema per vedere l'ultimo atto delle sfumature, risparmiatevelo.
I primi dieci minuti di "Napoli velata" valgono, a livello di erotismo, tutta la trilogia messa insieme.
Per non dire che Borghi vale 50 Darnon (attore protagonista delle sfumature, che eccita quanto un manico di scopa).
Ma passiamo alle note dolenti, che non sono poche.
La sceneggiatura è sconcertante e fastidiosa. Ma come è possibile, Ferzan??! Ma fatti aiutare da uno bravo, cazzo!
Da questa base non poteva quindi che uscirne un pasticcio.
La timida Adriana (la Mezzogiorno) incontra Andrea (Borghi) ad un evento teatrale. Se lo porta a letto la sera stessa (senza se e senza ma) come la più scafata delle libertine. Non ci sarebbe niente di male se non fosse che viene presentata come timida e compassata.
Ci salta fuori una serata di sesso furente che prosegue per tutta la notte compresa la mattina dopo e lei ovviamente ne esce innamorata e ossessionata dal bell'Andrea. Lui il giorno dopo viene trovato morto e lei non si dà pace.
Lo vede dappertutto, ipotizza addirittura la presenza di un fantasma, fino ad incontrarlo realmente ma a scoprire che non è lui ma il fratello gemello...e qui ci fermiamo perché sveleremo il "colpo di scena", che vabbé, se non siete proprio in stato comatoso, lo capirete dopo due minuti pure voi, tanto è scontato. Nel frattempo, una improbabile commissario donna e il suo vice portano avanti l'indagine sui motivi della morte di Andrea.
Di contorno il solito stuolo di zie, gay, nani e fattucchiere che non mancano mai nei suoi film più una storia di elaborazione del lutto mai superato.
Ci dispiace Ferzan, ti abbiamo spesso amato, ma stavolta non abbiamo proprio capito.
Si presenta come un thriller ma si perde nello svolgimento inutilmente complicato e caotico in cui non viene svelato praticamente nulla e con un finale davvero superfluo.
Borghi e la Mezzogiorno, a parte i primi dieci minuti di film, sono impalpabili.
Lui, che Ferzan ha deciso di far recitare in due soli modi: senza maglietta e/o senza mutande (che non sarebbe manco un dispiacere, capiamoci) ma si da il caso sia anche un grande attore e sarebbe stato bello sfruttarlo meglio.
Del resto con quei dialoghi, pochi e terribili, manco Matthew McCounaughey ce l'avrebbe fatta.
Lei ci è sembrata fuori posto, fuori fuoco e fuori forma. E non è una critica al suo aumento di peso (che chissenefrega), è proprio una stanchezza evidente continua, uno sguardo vacuo e assente che la estranea dal contesto. Per non parlare, anche nel suo caso, di dialoghi improbabili.
Davvero non ci capacitiamo di come Ozpetek, famoso per riuscire a tirar fuori una buona interpretazione anche dall'attore più cane e capace di lanciare in carriere cinematografiche ex vallette e tronisti, abbia potuto dirigere così male un attore talentuoso come Borghi.
2/5